Il Detonatore

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L’EDITORIALE – DANTE NELL’INFERNO DELLA CANCEL CULTURE LGBT (di Andrea Sartori)

In un mondo che pare oramai un girone infernale, Dante è di nuovo il grande esiliato, proprio in occasione del settecentenario dalla sua morte. Poche iniziative sono state fatte in onore del padre della nostra lingua. O meglio, del padre di quella che dovrebbe essere la nostra lingua, ultimamente massacrata da Ministri che ignorano persino l’esistenza del congiuntivo.

Dante esiliato in un mondo che si dice moderno. Eh già, perché lui era un medievale e la sua visione dell’inferno sgomenta, cinguettano alcuni radicalscicchissimi lettori di Michela Murgia e Roberto Saviano. Mica come noi che veniamo ogni giorno rassicurati dai moderni terroristi scientifici Bassetti e Galli che, per amore della pecunia, ci atterriscono con un raffreddore che nelle loro intenzioni non dovrebbe mai aver fine, altrimenti finiranno anche gli stipendi extra. E quindi ci si condanna, in questa vita, ad un inferno molto più triste e depressivo di quello, spettacolare, dell’Alighieri – nella fattispecie, quello prospettato dai virologi del CTS, che Dante probabilmente ficcherebbe tra i barattieri, coloro che si arricchiscono sfruttando cariche pubbliche.

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E poi il politicamente corretto non perdona: il Sommo ha collocato Maometto all’inferno. Sia mai! Ora, tra coloro che sostengono questo capo di imputazione ci sono fondamentalmente quelli che si cagano sotto al pensiero di come un musulmano si sappia far rispettare. Anticlericali che, ci scommetterei le palle, farebbero la fila per baciare anelli vescovili, se ci fosse ancora la Santa Inquisizione, e che Lui sbatterebbe nell’ottavo cerchio, tra gli ipocriti. Ma, dato che i musulmani non sono tutti tagliagole, nel mondo arabo l’interesse per la Commedia dantesca è molto vivo, per via delle similitudini con alcuni testi islamici. Si arriva al paradosso che, in Egitto, si parla di Dante molto più che in Italia.

Il sottoscritto è amico dell’addetta culturale dell’Ambasciata d’Egitto, musulmana credente, e si è ritrovato un invito per la conferenza Dante viaggiatore nel tempo e nello spazio: dall’Italia al mondo arabo-islamico, a cui hanno partecipato docenti egiziani e quindi musulmani. I traduttori musulmani contestualizzano, gli europei invece censurano. Questi ultimi sono più realisti del re, anzi più califfisti del califfo. Dante dove li sbatterebbe? Antinferno, girone degli ignavi “a Dio spiacenti e a nimici sui”. I codardi, di fatto.

Ma oggi Dante è messo sotto accusa per il terzo girone del settimo cerchio: i “violenti contro natura”, ovvero gli omosessuali. Ah, blasfemia, il Poeta ha osato mettere i culallegri all’inferno e addirittura dire che sono violenti contro natura. Gli islamici, a paragone dell’Arcigay, paiono suorine di Madre Teresa. Si ricordi come, non molti anni fa, l’associazione Gherush92 propose di bandire la Divina Commedia, anche perché conteneva diversi passaggi omofobi. Eravamo solo agli albori della cosiddetta cancel culture, ma già si picchiava duro.

In realtà, il creatore della Commedia i “sodomiti” li tratta anche benino. Talmente bene da far sospettare che pure lui qualche esperienzina in merito l’avesse. Come faceva, ad esempio, a sapere dell’omosessualità di Brunetto Latini, il suo maestro, che a sua volta nel suo Tresor condannava i gay?

E infatti, a sorpresa, alcune associazioni lgbt “graziano” l’Alighieri – quanta clemenza e misericordia! – dicendo “è uno di noi”, senza prove certe. Ma non sono tutte a farlo, anzi. Oramai pare che l’omosessualità sia un tabù, ma un tabù rovesciato rispetto a quei tempi.

Il problema è che, in età di cancel culture, Dante è uno degli autori più a rischio. Un articolo apparso su “Il Foglio” sostiene che l’autore, in quanto “medievale”, non ha più nulla da dire all’uomo moderno e che, come tutti quelli del suo tempo, considera i gay dei dannati.

Dante si preoccupava del giudizio di coloro “che questo tempo chiameranno antico”. E direi che la sfida l’ha comunque vinta. Cosa resterà tra settecento anni delle femministe, degli attivisti gay, delle Michela Murgia e dei Roberto Saviano? Anzi, altro che fra settecento anni, cosa resterà di loro fra vent’anni?

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Dante non è una moda del momento, il politicamente corretto sì. E il medievale poeta, che ha persino ispirato un manga di Go Nagai, il papà di Mazinga, parla a tutti e in tutti i secoli.

Lo scorso otto marzo, per concludere, il nostro sindaco trans ha fatto appiccicare sulle vetrine di Tromello frasi sulla donna di vari scrittori. Ho visto persino pensieri di Fabio Volo. Era troppo un “Donna, sei tanto grande e tanto vali” di Dante, nel settecentenario? Evidentemente, sì. In questo caso, temo però che la scelta sia stata più che altro dettata dall’ignoranza. Ma davvero Fabio Volo parla ai nostri tempi? Se sì, allora siamo messi peggio che nel Medioevo. Ma cosa resterà di Fabio Volo tra sette secoli? Un beato cazzo!

Andrea Sartori

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L’AUTORE

Andrea Sartori è nato a Vigevano il 20 febbraio 1977. Laureato in Lettere Antiche presso l’Università degli Studi di Pavia. Ha vissuto a Mosca dal 2015 al 2019 insegnando italiano e collaborando con l’Università Sechenov. Attualmente collabora presso il settimanale “L’Informatore Vigevanese”. Ha pubblicato con IBUC i romanzi Dionisie. La prima inchiesta di Timandro il Cane (2016) e L’Oscura Fabbrica del Duomo (2019) e, con Amazon, Maria. L’Eterno Femminino (2020)


Un commento su “L’EDITORIALE – DANTE NELL’INFERNO DELLA CANCEL CULTURE LGBT (di Andrea Sartori)

  1. Troppa grazia, mio caro signore. Io dico sempre che di questi tempi insulsi e vili, fra massimo cento-duecento anni, non resterà se non il ricordo di un’epoca culturalmente squallida.

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