Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

VEDRETE, CENSURERANNO ANCHE NIETZSCHE. SE NON L’HANNO ANCORA FATTO, È SOLO PER IGNORANZA (di Umberto Camillo Iacoviello)

Il politicamente corretto può essere definito come un’ideologia totalitaria o una religione monoteista intollerante. Per Alain de Benoist è “l’erede diretto dell’Inquisizione che intendeva combattere l’eresia rintracciando i cattivi pensieri: l’ideologia dominante è anch’essa una ortodossia che considera eretici tutti i pensieri cattivi. Poiché non ha più i mezzi per confutare questi pensieri che danno noia, si cerca di delegittimarli, non come falsi ma come cattivi”.
La cancel culture è parte integrante di questa religione, essa non fa sconti. Ha giudicato Ovidio “troppo violento”, Dante “omofobo” e “islamofobo”, Shakespeare “antisemita”, ha definito un corso sul Rinascimento “eurocentrico e maschilista”, fino ad arrivare alla condanna dei cartoni animati, Dumbo, Peter Pan e gli Aristogatti perché trasmetterebbero “stereotipi dannosi”.

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Da questo delirio – per il momento – sembra essere sfuggito Friedrich Nietzsche. Probabilmente perché è un filosofo molto citato, ma poco letto. Il dibattito sul rapporto tra il pensatore di Röcken e il nazionalsocialismo è una questione aperta, ma pur sempre materia per una ristretta cerchia di studiosi. Fatto sta che Sossio Giametta, uno dei massimi esperti del filosofo in Italia, ha ammesso – ed è solo uno tra i tanti – che il pensatore tedesco ha effettivamente influenzato i nazionalsocialisti.
Ci sono dei passaggi in cui Nietzsche parla di razza ed è noto che, quando si parla di sangue e di colore della pelle, gli alfieri della cancel culture vanno in fibrillazione.

Cosa faranno i censori quando scopriranno che, in Genealogia della morale, è scritto “potrà giungere a questa conclusione un medico il quale abbia curato negri (prendendo questi come rappresentanti dell’uomo preistorico) in gravi casi di infiammazioni interne, che portano alle soglie della disperazione anche l’europeo della miglior complessione organica – questo non succede nei negri. (La curva della tolleranza umana al dolore sembra scendere in realtà straordinariamente e quasi all’improvviso, non appena si abbia dietro di sé i primi diecimila o dieci milioni di individui di una civiltà superiore”?

Come reagiranno quando leggeranno il Crepuscolo degli idoli e scopriranno che il filosofo tedesco accusava Socrate di essere brutto e decadente, in quanto figlio di un incrocio? “La bruttezza, un’obiezione in sé, è fra i Greci quasi una confutazione. Ma poi: era Socrate veramente un Greco? La bruttezza è piuttosto spesso espressione di uno sviluppo incrociato, di uno sviluppo ostacolato da un incrocio. In altri casi essa appare come involuzione. Gli antropologi tra i criminologi ci dicono che il delinquente tipico è brutto: monstrum in fronte, monstrum in animo”.

E se dovessero incappare in questo frammento del 1885? “C’è soltanto una nobiltà di nascita, una nobiltà del sangue. (Qui non parlo della particella “von” e dell’Almanacco di Gotha: osservazione parentetica per gli asini.) Là dove si parla di ‘aristocrazia dello spirito’, di solito non mancano motivi per celare qualcosa: come è noto, questa è una locuzione comune fra gli ebrei ambiziosi. Lo spirito da solo, infatti, non nobilita; ci vuole piuttosto, prima, qualcosa che nobiliti lo spirito. Di che cosa c’è bisogno a tale scopo? Del sangue”.

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Potranno i signori della censura accettare un filosofo il quale affermava che i “negri (rappresentanti dell’uomo preistorico)” sono tutto fisico e niente cervello, che i meticci sono brutti e involuti perché prodotti di un incrocio, che la nobiltà viene dal sangue e che ha fornito una base filosofica ai nazionalsocialisti? Domanda retorica. È questione di tempo, anche Nietzsche finirà nel mirino di questi disagiati. Non conta se è stato uno spartiacque nel pensiero occidentale, contano solo i canoni della nostra epoca, alla quale anche Friedrich dovrà sottostare.

Ma basterebbe ciò che afferma lui, in Sull’utilità e il danno della storia per la vita, per metterli a tacere una volta per tutte: “Epoche e generazioni non hanno anzi mai ragione di farsi giudici di tutte le epoche e le generazioni precedenti: una così scomoda missione tocca invece sempre e solo a individui, e invero ai più rari. Chi vi costringe a giudicare? E poi esaminate soltanto se potreste essere giusti, qualora lo voleste! Come giudici dovreste stare più in alto del giudicando; mentre siete solo venuti più tardi”.

Umberto Camillo Iacoviello

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