Il Detonatore

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IL DELIRIO – LE FEMMINISTE CONTRO LA TRECCANI (di Matteo Fais)

Sapete cosa vuol dire donna? La parola deriva dal latino dŏmĭna, “signora, padrona” della domus, ovvero della casa. Non un ruolo da poco. Mica viene qualificata come giocoliera di cazzi.

La donna è quella che domina, la padrona appunto. Ciò sapeva bene anche il Poeta – sì, proprio lui, Dante – che in una delle sue liriche più ispirate scrive “Tanto gentile e tanto onesta pare/ la donna mia, quand’ella altrui saluta,/ ch’ogne lingua devèn, tremando, muta,/ e li occhi no l’ardiscon di guardare”. Chi la vede ammutolisce, non ha neppure il coraggio di fissarla, tanta è la sua potenza. Persino una volta varcate le porte del Paradiso, Virgilio è costretto a levarsi dalle palle per fare largo a Beatrice – altro che quote rosa.

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Per le femministe, però, tutto ciò non basta. Il potere innato del loro genere non le soddisfa ancora. Vogliono alzare la posta. Dell’altra metà del cielo, non si deve poter dire né pensare male.

La nuova polemica riguarda il dizionario online della Treccani che, alla voce “donna” (https://www.treccani.it/vocabolario/donna/), riporta anche alcune espressioni, più o meno colorite, che si possono usare in modo ingiurioso nei confronti di una portatrice sana di utero. Parlo di modi di dire che tutti quanti conosciamo bene, tipo “donna di malaffare”, “baldracca”, “donnaccia”. Secondo le firmatarie di una lettera aperta che ne chiede la rimozione – per capirci, in calce al testo ci sono i nomi di Michela Murgia e Laura Boldrini“simili espressioni non sono solo offensive ma, quando offerte senza uno scrupoloso contesto, rinforzano gli stereotipi negativi e misogini che oggettificano e presentano la donna come un essere inferiore”.

È questa questione del contesto che lascia vagamente interdetti. Tutti quanti sappiamo che parole ed espressioni si interpretano anche in ragione della contingenza in cui vengono proferite. Per esempio, qualunque uomo di mondo potrebbe giurare di aver biblicamente interagito con una femmina utilizzando simili licenze poetiche e altre affini. I discorsi sono più o meno di questa natura: “Oh, sì, piccolo, dimmi che sono la tua puttana. Sì, chiamami troia che mi eccito”. Si può essere dunque indotti a pensare che, in casi di questo tipo, il contesto lasci trasparire come la ragazza sia invero interessata e tragga piacere nel sentirsi dare della poco di buono – addirittura, ma correggetemi se sbaglio, mi pare che si possa parlare di “una sua libera scelta”. Mi è oscuro, però, quanto dovrebbe divenire lunga la voce “donna” sull’enciclopedia Treccani, per dar conto di tutti questi possibili scenari in cui l’apparente ingiuria si muta in adorabile discorso amoroso dai toni pecorecci.

Sempre per capirci ed esplicitare meglio. Discutevo proprio di questa questione con un’amica, l’altra sera, e consideravo amaramente: “Peccato, un giorno non si potrà più dire ‘puttana’ a una, mentre te lo succhia. Che tragedia! È noto che, se non lo dici, godi solo a metà”. La simpatica fanciulla, sghignazzando, mi ha detto “Che inutile figlio di puttana che sei”. Vedete, anche in tale frangente, bisognerebbe capire che una simile espressione non voleva certo essere lesiva dell’onore della mia defunta madre, ma anzi era quasi una dolce attestazione di stima nei miei confronti.

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Tra parentesi, corre l’obbligo di sottolineare che la Treccani online è tutto fuorché sessista e ben lungi da fornire certi termini senza chiarimenti. Per esempio, basterebbe leggere quanto sta scritto alla fine della voce contestata. Lo riporto fedelmente: “In numerose espressioni consolidate nell’uso si riflette un marchio misogino che, attraverso la lingua, una cultura plurisecolare maschilista, penetrata nel senso comune, ha impresso sulla concezione della donna. Il dizionario, registrando, a scopo di documentazione, anche tali forme ed espressioni, in quanto circolanti nella lingua parlata odierna o attestate nella tradizione letteraria, ne sottolinea sempre, congiuntamente, la caratterizzazione negativa o offensiva”. Mi chiedo come tutto ciò sia potuto sfuggire all’occhio sempre vigile e mai accecato dall’ideologia di Murgia, Boldrini & Company.

Ho timore, purtroppo, che alle femministe manchi l’elasticità mentale per cogliere assurdità dei presunti problemi da loro sollevati. Nell’ottusa serietà che ostentano, con indigeribile prosopopea, si nasconde la convinzione che le persone comuni non arrivino ad afferrare il valore dei termini in un determinato contesto, quando le uniche a non riuscirci pare siano loro.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Da ottobre, è nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

2 commenti su “IL DELIRIO – LE FEMMINISTE CONTRO LA TRECCANI (di Matteo Fais)

  1. Tutto giusto e condivisibile, ma nell’immagine manca la Terza, ovvero Selvaggia Lucarelli, selvaggia di nome, di mente e di fatto.

  2. Egregio Fais, con tutto il rispetto per questa coraggiosa testata online, Lei meriterebbe molto ma molto più spazio! Condivido tutto. Purtroppo la murgia, boldrini & Co. non hanno un cazzo a cui pensare, anzi no mi correggo, questo è propio il loro lavoro, campano su queste stronzate, chissà se alla donna delle pulizie part time cassaintegrata gliene possa fregare di cosa ci sia sulla treccani…

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