Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

LA RECENSIONE – PAULINE HARMANGE E LE DONNE CHE DETESTANO GLI UOMINI (di Matteo Fais)

Molte amiche – parlo ovviamente di donne tendenzialmente sane di mente – continuano a ripetermi che sbaglio a controbattere a tutti i vaneggiamenti femministi. “Ma dai, sono una minoranza”, “Noi donne non siamo tutte così”. Sì, le donne, sia lodato il cielo, non sono tutte dementi, ma le femministe tossiche, quelle più pericolose, sono in numero sempre crescente. Queste disagiate stanno lavorando a livello propagandistico per instillare le loro idiozie in tante povere ragazze del forse ancora opulento mondo Occidente, le quali, non avendo un cazzo per cui lottare, diversamente dalle loro nonne, se il problema non sussiste, lo inventano, passando dalla difesa delle cause serie a quella per l’asterisco alla fine delle parole genericamente declinate al maschile.

Ma dite che non è vero, che le femministe non sono poi così tante? Beh, basterebbe controllare il seguito social delle varie pagine Facebook per farsi un’idea, oppure guardare al caso letterario rappresentato da Pauline Hermange, con Odio gli uomini (Garzanti), appena uscito in Italia e, come scritto nel testo stesso, “in corso di traduzione in diciassette lingue”. Beh, dubito che il suo pensiero venga diffuso in tutto il mondo, se nessuno è realmente interessato a leggerlo – non conosco case editrici suicide, non a questo livello almeno. Dubito anche che gli acquirenti siano tutti uomini, come me, spaventati dal fenomeno. Non si dimentichi, poi, che l’autrice, in Francia, è divenuta famosa grazie al suo seguitissimo blog «Un invincible été». Considerate voi se la situazione non è realmente preoccupante.

Pauline Harmage, Odio gli uomini, Garzanti

A ogni buon conto, sono andato a leggermi questo delirante pamphlet e ho scoperto che qualcuno deve aver aperto le gabbie, liberando le peggiori psicopatiche. Oramai, le squilibrate non fanno neppure finta di non esserlo. “Io odio gli uomini. Ma proprio tutti? Sì, tutti. A priori ne ho un’opinione molto bassa”. Già qui avrei dovuto mandarla sonoramente a fare in culo, ma ho resistito. Sono dunque andato avanti, per imbattermi in un vera e propria esaltazione della patologia nota come misandria: “Per me la misandria è una via d’uscita. Un modo di esistere fuori dal sentiero battuto, di dire di no con ogni respiro. Odiare gli uomini, in quanto gruppo sociale e spesso anche in quanto individui, mi riempie di gioia – e non solo perché sono una vecchia strega gattara. Se diventassimo tutte misandre, potremmo generare un gran bel pandemonio. Ci renderemmo conto (e forse sulle prime sarebbe un po’ doloroso) che in realtà non abbiamo bisogno degli uomini”. Come potete notare, la Signora non sta messa particolarmente bene. Le servirebbero solo dieci anni di terapia da uno molto bravo. È addirittura convinta di poter fare a meno della metà del corpo sociale, per limitarsi alle sue “sorelle”. Non avete idea di quanto vorrei piazzarmi fuori da casa sua, dopo una mastodontica nevicata, per vedere se chiama le amichette del gruppo femminista a rimuovere la neve dall’ingresso o uno dei privilegiatissimi e patriarcalissimi maschi che fanno quei merdosi lavori manuali per conto delle signore con il culo al caldo.

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Comunque, a sentire lei, le misandriche non sono pericolose. “Noi siamo misandre nel nostro angolino. Quando odiamo gli uomini, tutt’al più continuiamo a tollerarli con freddezza, perché sono dappertutto e bisogna pur rassegnarsi”. Non si comprende bene se questa sia una grande concessione per cui dovremmo anche essere grati. Quale sarebbe l’alternativa, una bella soluzione finale dei portatori sani di pene?

Ma no, loro non fanno del male a nessuno, anche perché “non esiste un sistema organizzato a tutti i livelli con lo scopo di sminuire e reprimere gli uomini”. Ma dai? Perché, esiste forse il Partito Maschilista in qualche parte del mondo civilizzato? Si ha notizia di un’organizzazione che attenti sistematicamente alla vita delle donne? Davvero, viene da chiedersi: ma questa ci è o ci fa?

Il fatto è che a lei non vanno bene neppure i femministi, ovvero gli eunuchi che danno corda a tali sproloqui, invece che allungare alle interessate una pastiglia per stabilizzare l’umore: “Siamo in tante a pensare che gli uomini non possano essere femministi e che non debbano appropriarsi di un termine coniato per le oppresse […] Come se non potessimo portare avanti la nostra lotta senza di loro, come se non lo stessimo già facendo da anni – e come se, quando si autoinvitano tra le nostre fila e condividono le nostre battaglie, non occupassero tutto lo spazio sovrastando le nostre voci (e a volte, en passant, violentandoci pure)”. Ma siete serie? Adesso, pure i maschi pro femminismo vi violentano? Basta andare poco oltre per comprendere cosa sia violenza, dal loro punto di vista: “non dico che gli uomini non debbano interessarsi al femminismo, comprenderne la lotta e condividerne i valori. Al contrario, ciò che rimprovero loro è proprio di non interessarsene abbastanza, o di farlo per le ragioni sbagliate, come per esempio rimorchiare qualche femminista”. Insomma, i cornuti che danno retta a queste squinternate, poveretti, non possono neppure sperare in una mezza scopata con una dalle ascelle e le gambe pelose. Minchia, che culo! 

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Niente da fare. Loro sono molto chiare in merito: “Chiediamo agli uomini di stare al loro posto. No, a dire il vero, esigiamo da loro che imparino a prendere meno spazio. Non sono i protagonisti e gli toccherà farci l’abitudine”. Immagino che i loro maschietti vengano pure messi in castigo. E, in effetti, aprendo che la Hermange ha anche un marito e lo ama, tant’è che “Non avrei mai l’energia per ripartire da zero con uno sconosciuto e oggi sarei molto meno tollerante con alcune cose che prima mi sembravano naturali, che per molti uomini (e donne) lo sono ancora, e che io e il mio compagno abbiamo decostruito insieme”. Già me lo vedo questo povero Cristo, con una moglie seducente come un portuale, costretto a interminabili sedute simili al terzo grado in cui lei lo umilia per un’erezione avuta a sedici anni o una sega che si è sparato in terza media. Me lo figuro che vorrebbe chiederle un pompino, ma proprio veloce veloce, giusto per variare dal consueto “mia moglie sopra e io sotto a scontare la mia colpa”, ma ha paura di domandarlo perché non si ricorda se rientra nei privilegi patriarcali già precedentemente discussi e condonati. Gesù Santo!

Vedete, il problema principale è che personaggi come questa scrittrice forniscono la sponda a ogni pazza con problemi verso il genere maschile, facendole pensare di essere nel giusto, invece di aiutarla a comprendere la necessità di un supporto psichiatrico.

Comunque, se non avesse la pretesa della serietà, questo libro sarebbe un assoluto capolavoro del nonsense. Non so, poi, se la cara Pauline recriminerebbe per questa recensione, da parte di uno di quelli che lei tanto odia. Nel qual caso, la mia risposta è semplice: BACIAMELO, TESORO.

Matteo Fais 

Canale Telegram di Matteo Fais: https://t.me/matteofais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Da ottobre, è nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

2 commenti su “LA RECENSIONE – PAULINE HARMANGE E LE DONNE CHE DETESTANO GLI UOMINI (di Matteo Fais)

  1. Si ha sempre bisogno, di questi sciaguratissimi tempi, di leggere gli editoriali da battaglia di Matteo Fais. Qualcuno, e più spesso qualcuna, lo giudica sboccato, brutale e misogino, ma in realtà ha anche dei difetti. Fra l’altro, proprio misogino non ce lo vedrei, vista la fissazione che ha per le donne giovani, belle e intelligenti. Ma escludendo queste tre categorie le femministe, è entrato da qualche tempo nel loro mirino. E sparano a palle incatenate (più o meno come le nostre nel leggere certi estratti dai loro deliri, pardon, sacri testi dei diritti delle donne).
    Comunque stavolta dissento dall’uso che l’autore fa delle parole. Dopo aver letto anche ciò che la signora (si fa per dire) Hermange pensa degli uomini, parlare di “recensione” per un documento che sarebbe semmai di competenza psichiatrica è fuori luogo. Referto medico, magari, o diagnosi. Va bene la cavalleria, ma la terminologia appropriata prima di tutto. Ah, nel caso la signora (sempre detto con beneficio di inventario) abbia da ridire all’uso che le si vuol fare di “cavalleria”, in quanto concetto appartenente ad una condizione della donna subordinata all’uomo macho e che le usa cortesia e protezione solo per ribadirne l’inferiorità, le lascio volentieri l’altro significato del termine: quello di truppe montate su cavalli e armate di lancia o sciabola, use a caricare il nemico per farlo a pezzi. Contenta lei…

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