Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

L’EDITORIALE – LA DANNOSITÀ DEL BENE – PROCESSO AL POLITICAMENTE CORRETTO (di Matteo Fais)

Il grosso dell’atteggiamento della sinistra non è razionalmente calcolato per essere di beneficio verso le persone che questi dicono di voler aiutare […] Ovviamente, sarebbe più produttivo assumere un atteggiamento diplomatico e conciliatorio […] perché il comportamento ostile degli attivisti verso la maggioranza dei bianchi tende a far intensificare l’odio razziale (Theodore J. Kaczynski, Technological Slavery: The Collected Writings of Theodore J. Kaczynski, a.k.a. “The Unabomer”, Feral House, 2010) (trad. mia).

Immaginate di avere davanti, seduta al tavolo con voi, una donna, durante un pranzo. Per cortesia e naturale tendenza alla protezione, se non siete proprio dei trogloditi appena usciti dalla caverna, servirete lei per prima, le riserverete ovviamente i bocconi migliori e, presumibilmente, vi alzerete per sparecchiare a fine pasto. La vostra attitudine nei suoi confronti non muterà in qualsiasi contesto quotidiano: le aprirete la porta, facendola passare prima di voi; la solleverete dalla gravosità di portare un qualsiasi peso, fosse pure la semplice busta della spesa con due scatolette di tonno; etc. Niente di strano, questo è chiaro. Si chiama cavalleria per i più anziani e, più genericamente, buona educazione.

Cosa succederebbe però se la donna che avete davanti cominciasse a svangarvi la fava dicendo che siete maschi – magari pure bianchi ed etero –, dunque dei privilegiati, che le vostre accortezze sono finalizzate unicamente a circuirla per trarne vantaggi sessuali e che, per colpa di gente come voi, le femmine sono state oppresse nei secoli dei secoli? Beh, al netto di tutta la buona educazione possibile, un colossale “Ma vattela a pigliare nel culo” ci starebbe tutto. E non perché si tratta di una rappresentante del gentil sesso.

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Qualcosa di molto simile accadrebbe se un disabile dovesse aggredirvi verbalmente al centro della via, apostrofandovi con “Ma non ti vergogni di camminare, quando io sono confinato a vita su una sedia a rotelle?”. Per carità, di sicuro non reagireste e vi terreste la rabbia, ma comincereste a guardare ai diversamente abili in modo differente, probabilmente meno compassionevole. Altrettanto dicasi se un uomo di colore vi dovesse fermare fuori dal market, pretendendo un’elemosina in ragione del fatto che “Tu uomo bianco sfruttato africani da sempre”. La tentazione di rispondergli “Senti, biondo, ma perché cazzo non te ne torni al tuo paese?” sarebbe grande.

Tutti questi esempi – chiedo venia per il didascalismo – sono sintomatici di quella che potremmo definire la dannosità del bene. Tutta la brodaglia indigeribile di puttanate politicamente corrette, che offre la sponda a ogni minoranza – o presunta tale – per giaculatorie vittimistiche, rischia di avere un effetto assolutamente contrario.

Se vi trovate a guardare un film, sicuramente, oggi come oggi, vi verrà da conteggiare il numero di attori neri in relazione a quelli bianchi. Perché? Perché vi hanno talmente tanto ammorbato l’anima con questa storia della discriminazione da rendervi guardinghi. Un tempo vi sareste goduti Una poltrona per due serenamente, senza pensare che Eddie Murphy non ha il vostro stesso colore della pelle – qualcuno, di questi tempi, potrebbe addirittura arrischiarsi a pensare che sia “un negro” – o avreste ascoltando Elton John senza ricordarvi che la sua candida voce è quella di un omosessuale. Ma pure in ufficio, lì dove normalmente gioireste nel vedervi circondati dalla lieta presenza di dieci colleghe, di questi tempi, invece, penserete “ecco, le raccomandate delle quote rosa”.

Un eccesso di vittimizzazione di certi soggetti, associata alla perenne recriminazione nei vostri confronti, genera antipatia e diffidenza. Sapendo che a pensar male si fa peccato, ma non si sbaglia quasi mai, il costante compiangersi dei soliti noti vi indurrà a pensare che più di uno voglia trarre vantaggio da una fantomatica condizione di inferiorità indotta.

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Certamente, esistono gli oppressi, ma non sono identificabili per semplice appartenenza di genere, per colore della pelle, ecc. Una donna che dovesse sfruttare i dipendenti della sua azienda sarebbe comunque un individuo eticamente riprovevole. Il possesso di una vagina non costituirebbe per lei un salvacondotto che la sollevi dalle sue responsabilità nei confronti dei sottoposti. Similmente, il già citato Eddie Murphy, data la brillante carriera alle spalle e la sua posizione nell’industria cinematografica americana, è certo meno “negro” di me o di voi. A un livello più basso: se il grosso delle case popolari in Italia viene destinato a non autoctoni, è ben probabile che la gente del luogo inizi a sviluppare una certa avversione nei loro confronti.

Il punto è tutto qui: il bene portato all’estremo, secondo la declinazione politicamente corretta, diviene la fonte principale del male, radicalizzandolo e portandolo all’esplosione. In tal senso, la nuova Sinistra ha fatto di tutto per generare tensione e conflitto con le sue battaglie assurde e maniacali. Se razzismo e sessismo si vanno nuovamente insinuando nel sentimento popolare, la colpa è solo e unicamente loro.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Da ottobre, è nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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