Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

DOPPIO EDITORIALE – RISCHIAMO IL RITORNO DI SEX AND THE CITY, LA SERIE TELEVISIVA CHE HA ROVINATO UNA GENERAZIONE DI DONNE (di Matteo Fais e Clara Carluccio)

Quella gran donna di Agatha Christie, la più famosa giallista al mondo, diceva che “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”. Se tanto mi dà tanto, tutti questi annunci di un reboot (una ripresa) della serie potrebbero essere realmente propedeutici alla sua effettiva messa in onda in un prossimo futuro. Ho una sola parola in merito: che Dio ce ne scampi – e lo dico da ateo.

Sex and the City è stata la pandemia di una generazione di donne – le successive si sono ritrovate con il dna già irrimediabilmente modificato. Invero, la serie con quelle quattro sciacquette è stata per la vita sessuale delle attuali quarantenni più o meno come la Legge Biagi per il lavoro precario: non ha dettato la linea, già ampiamente diffusa di suo, ma l’ha istituzionalizzata. Il precariato amoroso è divenuto bello, glamour, scintillante, cool; similmente, quello lavorativo era stato dipinto entusiasticamente come la possibilità di “cambiare occupazione quando vi pare”.

Di Sex and the City, so praticamente tutto. Ho letto i libri di Candace Bushnell, a cui questo è ispirato. Ho visto tutte le serie, puntata per puntata, e in lingua originale. Pure i film mi sono guardato… Non che ci sia granché di cui vantarsi, ma l’ho fatto. Mi inflissi tale assurda tortura su invito di una ragazza con cui a quei tempi ebbi una storia, più di dieci anni fa. Lei era una fan sfegatata. Possedeva tutti i dvd e mi presentò la serie come l’opera che aveva cambiato la sua vita, con un tono encomiastico che io non avrei usato neppure per i racconti di Bukowski o i romanzi di Michel Houellebecq. Mi raccontò di Carrie Bradshaw, Charlotte York Goldenblatt, Miranda Hobbes e Samantha Jones, le sue eroine. Accettai, pertanto, di confrontarmi con questa balzacchiana idiozia umana che tanto aveva emozionato lei e milioni di spettatrici nel mondo.

La prima reazione fu lo schifo. Non voglio fare il santo, né sostenere che ogni congiunzione carnale debba necessariamente concludersi con un invito all’altare, ma i dialoghi che avvengono tra le quattro sono devastanti per chiunque non abbia fatto il medico-torturatore in un gulag sovietico. Uomini trattati come manzi al mattatoio, sezionati per fasce muscolari e consumati con la gioia sadica del serial killer che cuoce le sue vittime dopo averle fatte a pezzi.

Che tragedia, pensavo guardandole. E questo sarebbe il progresso? Prendete la peggiore discussione tra scaricatori di porto e trasponetela in bocca a quattro signore ben vestite. Aggiungeteci quel pizzico di buona scrittura – chi ha composto gli episodi non è certo un analfabeta, anzi – e qualche sagace battuta. Un vecchio laido che si carica la nigeriana in macchina ha la sola peculiarità, rispetto a loro, di adottare un look meno appariscente e alla moda.

Purtroppo, sì, questo è il progresso – o il progressismo – e lo vediamo ogni giorno intorno a noi. La sessualità ridotta a una questione idraulica – o con l’idraulico, fate voi, tanto per loro non cambia niente. Il romanticismo così di maniera da poter essere portato in borsetta, giorno dopo giorno, e usato ogni volta con un uomo diverso in un carosello di cazzi senza fine. Discussioni davvero imbarazzanti intorno alla faccenda se sia il caso di liberarsi l’intestino, a casa di uno sconosciuto, se si passa il weekend da lui.

Ma il problema non è neppure che queste a trenta e passa anni – una, in verità, ne ha quasi cinquanta – trascorrano il loro tempo cambiando maschi neanche fossero scarpe, come Tex Willer sostituisce i proiettili nella sua pistola, ma che trovino tutto ciò estremamente normale e allietante. Video meliora proboque, deteriora sequor (“Vedo il meglio e l’approvo, ma seguo il peggio”), dice la saggezza latina che, certo, neppure le sfiora. Mai un dubbio, il remoto pensiero che questa via porti alla sterilità emotiva, all’incapacità di costruire un percorso d’amore. Avrei fatto volentieri scorrere sullo schermo, a mo’ di monito, prima della visione della serie, su HBO, le profondissime considerazioni di Houellebecq su un’esistenza alla Sex and the City: “Fenomeno raro, artificiale e tardivo, l’amore può svilupparsi solo in condizioni mentali speciali, raramente compresenti, del tutto in contrasto con la libertà di costumi che caratterizza l’epoca moderna. Véronique aveva frequentato troppe discoteche e troppi amanti; un simile sistema di vita impoverisce l’essere umano e gli infligge danni a volte gravi e sempre irreparabili. L’amore come innocenza e come capacità d’illusione, come attitudine a riassumere in un unico essere amato la totalità dell’altro sesso, resiste di rado a un anno di vagabondaggio sessuale, mai a due”.

Inutile dire che, se questa piaga dell’umanità dovesse tornare sul piccolo schermo, sarebbe la fine, peggio che inocularsi il covid volontariamente. Se avete voglia di trasgressione, leggetevi semmai Luna di fiele di Pascal Bruckner, o guardatevi la magnifica trasposizione di Roman Polanski. I due protagonisti saranno anche dei pervertiti, ma la loro passione è esclusività e poesia: “Un lampo accecante mi ha oscurato completamente la vista ma ho avuto il più sublime, incredibile orgasmo della mia vita! È stato come se una lama infuocata mi trapassasse più e più volte, era il mio Nilo, il mio Gange, il mio Giordano, la mia fonte di giovinezza, il mio secondo battesimo… il mio Rubicone sessuale”. Altro che Sex and the City.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Da ottobre, è nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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SEX AND THE CITY? PERSINO DAWSON’S CREEK ERA MEGLIO (di Clara Carluccio)

Dawson’s Creek era appena finito, e con lui, la nostra adolescenza disseminata di piagnistei amorosi e speranze mal riposte. Anche se, a tutt’oggi, riconosco a quella serie dei tratti un po’ patetici, la ricordo con affetto, in quanto i protagonisti erano bizzarri, problematici, ma molto dolci. Costituivano una rappresentazione abbastanza veritiera della generazione nata negli anni ’80, che cercava di superare i disagi esistenziali e dare senso alla propria vita. In essa, il vero amore era sempre contemplato.

Non so quanti pomeriggi e sere, io e le mie amiche abbiamo passato soffrendo, perché non era andata bene con il ragazzo di cui eravamo innamorate e senza sapere come avremmo potuto smettere di pensare a lui. Viveva in noi una consapevolezza, che nonostante le soddisfazioni potessero arrivare da più ambiti, la vera felicità era nell’amare, ed essere amate.

Poi l’aria è cambiata, si è smesso di piangere per amore, anzi, si è smesso proprio di sperare di conoscere l’uomo giusto e immaginare una futura famiglia. La sera, al locale, tutte ordinavano il Cosmopolitan e, nel reggere il bicchiere, curando l’estetica della mano meglio che a teatro, cominciavano a parlare di quanto fosse importante fare esperienza. Conoscere più uomini possibile. Era arrivato Sex and the city. Si era passati dalla moralità claustrale di Dawson’s Creek, nei cui dialoghi quasi si domandavano quanto fosse serio baciarsi sulla bocca anche se non si sta assieme, alle sagge lezioni di etica sessuale della bella Samantha: “Davanti o dietro non importa, un buco è un buco!”.

Il dramma di questa serie è che ha attecchito in una fase delicata nella mente di una donna, quella in cui, dopo anni di tentativi, tutti i sogni d’amore sono stati delusi. Con un po’ di saggezza, si sceglie di formare il carattere, crearsi una dimensione di donna sola, ma non rancorosa, capace, se non di bastarsi, almeno di vivere con serenità e accettazione. E se mai un uomo per bene dovesse arrivare, vivere con lui un rapporto fatto di maggior esperienza e maturità.

Ma, quando il vuoto è troppo forte, può essere che la donna si sostituisca all’uomo, incorporando ed enfatizzando i suoi peggiori comportamenti, nell’illusione di passare da preda a cacciatrice, e di compensare la vita irrealizzata, con il collezionismo di amanti.

Non tutte le donne che se ne fanno uno diverso a sera hanno sofferto molto, ovvio, alcune possono semplicemente trovarsi bene in questo ruolo. Altre però, dovrebbero fare più attenzione ai loro reali bisogni. Conoscevo una ragazza che, a 20 anni, andava pazza per Sex and the city e lo stile di vita che proponeva. A 37, invece, ha sentito un impulso incontrollabile di diventare madre e ha fatto un figlio – sarò cattiva a dirlo – con il primo capitato. Un uomo con grossi problemi lavorativi, due bambini, e una ex compagna accanita e rabbiosa che non gli voleva concedere il divorzio.

Siamo onesti, l’uomo medio dell’amore non se ne faceva niente, si metteva con una tizia per poi tradirla di continuo, o lasciarla appena arrivavano le rughe, per scappare con quella più giovane. Le donne erano stufe, tristi, umiliate. Quale miglior terreno per gettare i semi del femminismo e del sesso libero?

Ma bisogna stare attenti. Per quanto ci si sforzi di limitarsi al semplice atto fisico, per quanto si possano inizialmente accettare certe condizioni, il sesso ha una forza metafisica, una sua volontà che non sempre si può controllare e prevedere. Certo non si può sapere se si è predisposti per un determinato stile di vita, finché non lo si è sperimentato. Se però si percepisce insoddisfazione, desiderio di maggiore vicinanza, continuità del rapporto, la donna deve fermarsi. Smettere di assecondare la pressione della moda e della società, senza sentirsi una fallita. Uomini e donne sono diversi ed è bello così. Uniformare i comportamenti non è di beneficio a nessuno.

E poi, a quanto sto vedendo, tutta questa situazione, che ha raggiunto dinamiche ormai grottesche, ha smesso di essere di beneficio persino agli uomini, che non tollerano più una donna così libertina e a tratti volgare, arrivando in certi casi a rimpiangere la femmina di una volta, più dolce e morigerata.

Che non sia ora di ripartire da zero, adesso che le responsabilità di entrambi i sessi ci stanno cadendo addosso?

Clara Carluccio

Un commento su “DOPPIO EDITORIALE – RISCHIAMO IL RITORNO DI SEX AND THE CITY, LA SERIE TELEVISIVA CHE HA ROVINATO UNA GENERAZIONE DI DONNE (di Matteo Fais e Clara Carluccio)

  1. Esimio Fais, per quanto concerne le “4 grazie”, nulla di nuovo, ho ascoltato spesso, in gioventu’ (anni 80/90 in pieno drive in) molte donne che facevano piu o meno gli stessi discorsi, solo gli zerbini credono che le donne siano creature auliche incapaci di simili ragionamenti, sex and the city è semplicemente il prodotto che prima veniva taciuto, sdoganato come fattibile e possibile appena i tempi erano maturi.

    Chi conosce le donne veramente sa che queste amano solo i figli, degli uomini generalmente se ne infischiano, sono strumenti per raggiungere i loro numerosi fini, che sia di(letto) o supporto vitae, le donne da sempre usano gli uomini, e solo gli stolti, gli ignoranti in materia, i meno esperti, possono dissentire, il tuttoda sempre operato non per amore, bensi’ sotto il profilo LMS (look-money-status), sui quali hanno da sempre basato le loro scelte.
    quindi le assicuro che leggere le sue reazioni a scoprire l’acqua calda, mi trova perplesso, ma trovo il tutto comprensibile, visto che siamo fin da piccoli, plasmati per servire donne e stato.

    Esimia Clara, non saremo noi a ripartire, lo faranno i mussulmani, che dati alla mano, tra 3 generazioni saranno predominanti in itaGlia, sorgeranno le moschee come funghi, creeranno i loro partiti politici, avranno la maggioranza dei figli visto che le tonneh itaGliane tatuate e spritzose, di far figli non se ne parla proprio, meglio mettere un cane nel passeggino e via, verso l’estinzione a norma femminista.

    Le tonneh, le domando, capiranno? capiranno a tal punto, forse, il male che hanno fatto non agli uomini – di loro non gli frega nulla – a loro stesse? costrette ad abbracciare la sharia e il burqua, con la solita spocchia di chi pensa di avere ragione sempre, faranno come le italiane che si sposavano i nazisti, nulla di nuovo, basta che lei sopravviva, ecco il suo vero assioma.

    Mi stia bene.

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