Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

L’EDITORIALE – IL PAESE DELL’INAZIONE (di Matteo Fais)

C’è una cosa, in particolare, che detesto di questo Paese. A viverci, sembra sempre che tutto sia sul punto di saltare in aria, ma infine non succede mai niente.

Prendete la situazione attuale: zone rosse, gialle, verdi, arancioni, manifestazioni, chi è pro e chi è contro, i negazionisti e i fanatici della mascherina. C’è angoscia in giro, paura, rabbia, tanti fuochi che non diventano mai un incendio, che restano lì come tenui fiammelle.

In fondo, dacché ho memoria, è sempre stato così. Ogni situazione sembra arrivare a un punto di non ritorno e poi, come per magia, si ricompone. Tutto torna come di consueto e non si coglie mai la palla al balzo per migliorare le cose. Sì, si dibatte tanto, ci si accapiglia, si urla, si scrivono editoriali e stati Facebook, ma si continua a far finta di poter vivere in questo clima di tensione perenne.

Ciò di cui sento maggiormente la necessità è di una rivoluzione, ma questa non accade. Eppure, è palese che ci sono almeno due paesi in Italia, due mondi che non possono convivere sullo stesso suolo.

A me pare che una tensione irrisolta stia lì in attesa di trovare sfogo, almeno dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. I sinistri continuano ad andarci contro per partito preso da allora, spingendo per la dissoluzione della Nazione e di tutto ciò in cui crediamo, dalla famiglia ai rapporti di sangue. È palese che con gente simile noi non si possa convivere serenamente e nella democratica accettazione l’uno dell’altro.

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Altro che “qui si fa l’Italia o si muore”! Con loro in mezzo alle palle, noi possiamo solo morire. Il problema è che non ci sappiamo, o non ci vogliamo, organizzare in una struttura antagonista, forte, che coinvolga tutti quelli che sono contro la degenerazione, per fermare la loro avanzata.

La situazione entro cui ci fanno vivere mina la nostra stessa stabilità emotiva e relazionale. Una comunità non sta in piedi senza coesione e loro fanno di tutto per distruggerla. La Destra è troppo passiva. Si cerca sempre un capo a cui affidare le sorti di tutto, ma un leader non può nulla senza avere dietro di sé una massa che gli faccia da potenza di fuoco. Troppo borghesismo in giro, troppa gente che non cerca problemi, vuole vivere tranquilla quando gli viene negata la tranquillità. In America, ho appena appreso, i supporter di Trump sono scesi in piazza e sono pure andati a cercare il corpo a corpo con la marmaglia dei Black Lives Matter. Quando mai vedremo qualcosa di simile in Italia?

Questa spinta furente che è in noi, questa smania di rovesciamento, se non troverà sfogo ci ucciderà, ci porterà al cancro psicosomatico. Dobbiamo assolutamente passare dalla teoria alla prassi, alzarci una buona volta da quel fottuto divano e scuotere le fondamenta di questo Paese di morti. Tutti coloro che sono contro il lockdown, per esempio, dovrebbero bloccare lo Stivale, farlo risuonare del loro grido, affermare la voglia di vivere sul terrore da moribondi della borghesia sinistra.

Sono stanco di questa atarassia. Le mie mani costrette a limitarsi alla tastiera mi bruciano di una strana malattia. Devo fare qualcosa, organizzare, unirmi. Non ho mai creduto alla parola che non sia motore dell’azione, alla mano che, se si muove, non porta la tempesta. Vorrei sapere dove siete voi, cosa state aspettando. Vi guardo e vedo troppa paura di morire, per desiderare realmente di vivere. La Destra che mi emoziona non resta chiusa in casa, ma fa tremare le strade con la sua marcia.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Da ottobre, è nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

2 commenti su “L’EDITORIALE – IL PAESE DELL’INAZIONE (di Matteo Fais)

  1. Se esistesse un movimento, un circolo, una congregazione, una confraternita, interpreti di questo stato di agitazione interiore di tanti cittadini, allora ci sarebbe di che unirsi sotto un vessillo comune. Ma questo centro di attrazione dov’è? Manifestano le singole categorie per ciò che le riguarda, si fanno presidî con gazebo per raccogliere sfoghi e suggerimenti, si organizzano flash-mobs per protestare inquadrati come ballerine. Ma un centro di ‘attrazione attraente’, convincente, adeguato e risoluto non c’è. Manca un Walesa, manca un leader di possenti capacità oratorie, galvanizzanti, catalizzanti, che sappia conquistare il suolo pubblico senza prima passare al make-up. Una persona (uomo? donna?) di ferro, un martire dichiarato, un visionario lucido e inarrestabile, un pazzo sano. Ma non c’è. E allora tutto si sbriciola in micromanifestazioni sacrosante ma inutili, in borbottìi diffusi e di volume irrilevante, in battibecchi televisivi che nulla generano e nulla spostano. Siamo come polmoni stragonfi di risentimento senza una gola che lo possa urlare. Hai ragione caro Fausto, hai infinitamente ragione .

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