Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

L’EDITORIALE – ABBIAMO AVUTO DANTE, PETRARCA, IL RINASCIMENTO, MA IL NOSTRO MITO È TOTTI (di Matteo Fais)

Io gli italiani li trovo disturbanti. E non me ne frega un cazzo che in passato noi si abbia dato vita al Rinascimento, all’Umanesimo, a Giuseppe Verdi, a Pier Paolo Pasolini, a una dittatura tutto sommato migliore di quelle del resto d’Europa. 

No, gli italiani mi fanno schifo. Sono andati in massa, l’anno scorso, a vedere Chiara Ferragni Unposted, un documentario su una donna senza qualità che indossa abiti e consiglia a una marea di teste di cazzo come vestire. E la cosa più tragica – perché le disgrazie non vengono mai sole – è che tra qualche giorno affolleranno le sale – a quanto pare del covid, in certe contingenze, se ne fottono – per vedere il docufilm Mi chiamo Francesco Totti, sul famoso calciatore della Roma.

Il docufilm su Francesco Totti

Eh già, perché l’idolo degli italiani è un signore – che, per carità, è anche un bel tipo, pure simpatico – che si è guadagnato da vivere tutta la vita prendendo a calci il pallone. Sono senza parole, basito. Non nego che il calcio possa avere una sua attrattiva estetica – ci mancherebbe – e, a voler essere generosi, una sua poesia. Ma, quello di oggi, è unicamente business, idiozia di massa. C’è gente che si picchia – a quel che so, perché, certo, io non ho mai partecipato a eventi simili – per rivalità di tifoseria: per esempio, perché uno tiene per la Roma e l’altro per la Lazio, la seconda squadra della città.

Sì, sono basito, senza parole. E non è che ritenga che pure il calciatore non debba avere un suo spazio in società, ma da lì a essere un idolo. È come vedere i giovani che vanno a visitare gli Uffizi, dopo che la Ferragni si è fatta un paio di selfie in loco. 

Non è proprio possibile, se si è persone dotate di un minimo di cervello. Anzi, è uno scandalo. La Ferragni fa la pubblicità a La primavera di Botticelli – attenzione, non è lei che si fa pubblicità con lo sfondo del quadro, ma il contrario. Roba da pazzi, roba da italiani – sarebbe a dire da menomati mentali, da coglioni.

In questo benedetto Paese, quasi nessuno conosce lo scrittore di Destra – opportunamente fatto fuori, a tal proposito – Giuseppe Berto, con il suo Il male oscuro, ma tutti hanno visto almeno una partita di Francesco Totti. Non è normale.

No, mi spiace, non sento ragioni: NON è NORMALE. Punto. Una persona sana di mente lo deve rifiutare. Deve proprio sentire dentro una forma di insopprimibile ribrezzo, altrimenti è uno stronzo, come la maggior parte dei suoi connazionali. Capisco tutto, l’adorazione per il cantante dei Guns n’ Roses, o per Mick Jagger, ma questo no – almeno loro hanno scritto alcune tra le canzoni più belle della Storia.

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No, non ci può essere comprensione, empatia, spirito nazionalpopolare che tenga. Montale è ignoto ai più, mentre Totti spopola. Mi spiace per il Capitano, ma questa è perversione, stupidità, oscenità, follia. Roba che a vedere la sua faccia in televisione, mi viene da sguainare la pistola, puntare e fare fuoco. Infatti, non guardo più la TV, perché vedo riflesso sullo schermo da ottanta pollici che ho in casa la demenza di chi mi abita sopra, sotto, a sinistra, a destra e potrei decidere di commettere una strage – sto scherzando, una strage metaforica, ovviamente.

Invece di guardare il calcio, leggetevi una poesia di Montale, per esempio La casa dei doganieri:
Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t’attende dalla sera
in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.

Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all’avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.

Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s’addipana.
Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.


Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell’oscurità.
Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende
rara la luce della petroliera!

Il varco è qui? (Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende…)
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.

Un branco di sfigati hanno permesso a un semianalfabeta di vivere una vita alla grande, mentre loro andavano a lavorare. Che idioti! A poco più di quarant’anni, il loro amato si gode la pacchia in ritiro, tra figa, case di lusso, famiglia, mentre voi al 21 del mese state già arrancando. Nello stesso Paese, Quasimodo dovette farsi conferire una laurea honoris causa per poter andare a insegnare Lettere alle scuole superiori, prima di ricevere i soldi del Nobel, perché impossibilitato a vivere. Se penso che ci sono scuole che teniamo aperte per darvi un’istruzione, invece di chiudervici dentro e dare fuoco agli edifici, impazzisco. No, non si può davvero vivere così. 

Prima di morire, vorrei salire sul tetto di un cinema e pisciare in testa a tutti gli scemi che andranno a vedere quel docufilm da cretini, senza aver mai visto Bergman, Woody Allen, e film bellissimi come Il calamaro e la balenaKidsKen Park… Non li conoscete? Certo, perché siete dei coglioni che si meritano un Parlamento che vi chiuda altri tre mesi in casa e, per aiutarvi a superare il tutto, vi faccia vedere a reti unificate il film sul Totti nazionale. Siete imbarazzanti. Ogni giorno, bestemmio da mattina a sera pensandovi. 

Matteo Fais

Canale Telegram di Matteo Fais: https://t.me/matteofais

Chat WhatsApp di Matteo Fais: +393453199734

L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Da ottobre, è nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. 

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