Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

CONTE E IL PARALLELO COL FASCISMO (di Franco Marino)

Ognuno ha diritto non soltanto alle proprie opinioni, ma anche ad avere un proprio modo di ragionare che di quelle opinioni ne guidi la formazione. La mia opinione è quella di essere sommerso dalle bugie ufficiali. E sono talmente stupido da rettificarle senza tregua, nella mia mente: “Questo non è vero”, “Questo non è vero”, “Quest’altro non è vero”. Fino a togliere l’audio, quando parlano certi politici, per non affaticare inutilmente le mie orecchie e il mio cervello e non tirare cazzotti sul tavolo. Rompendomi la mano o l’incolpevole tavolo.
Eppure si direbbe che il resto del Paese, almeno quello che si manifesta davanti ai nostri occhi, la pensi diversamente. Basta ascoltare la gente per vedere che il governo giallofucsia gode di una sufficiente fiducia per andare avanti. Dunque anche raccontando balle dalla mattina alla sera si ha successo e si conserva il potere? Domanda notevole. Quasi di portata storica. Cui proverò a dare qualche risposta.

La prima me la regalò Natasha Stefanenko, popolare showgirl dei miei anni ma soprattutto un cervello finissimo da ingegnere quale è, che ebbi l’immenso piacere di conoscere qualche anno fa. Non resistetti dal chiederle come mai il regime sovietico permettesse la proiezione dei film americani in cui si vedeva una società ricca e gaudente, sideralmente lontana da quella con cui i sovietici si dovevano confrontare ogni giorno, e lei plasticamente mi rispose che tanto nessuno credeva niente di ciò che vedeva al cinema. Quella società era ovviamente immaginaria. I governanti americani raccontavano balle ai loro cittadini dalla mattina alla sera esattamente come il Cremlino le raccontava a loro. Insomma il loro governo aveva talmente mentito, che i russi non soltanto non credevano a ciò che gli raccontava Mosca, ma avevano l’abitudine di non credere neanche a quello che gli altri governi raccontavano ai loro cittadini. Una illuminante e sconcertante forma di nichilismo veritativo.

Invece in Italia le menzogne, le promesse eternamente ripetute, le rosee previsioni, gli auto-elogi e le auto-celebrazioni, tutte le ottimistiche fantasticherie di cui, con le pose di Mastrota, Conte inonda le orecchie degli italiani, hanno finito col creare una realtà parallela. La gente dice: “Siamo nei guai ma magari fra un paio di mesi, tutto si aggiusterà. Andrà tutto bene“. Poi, stavolta come le altre volte, arriva la delusione. Poi arrivano le elezioni, il governo cattivo viene mandato a casa, se ne crea uno nuovo (buono, questa volta) e si ritorna alla casella di partenza.
Comunque, almeno finché non cade il governo, le bugie pagano eccome. E tuttavia anche con questa distinzione, rimane vero che non bisogna esagerare. Dove c’è la libertà di stampa non bisogna arrivare agli apici orwelliani della Russia Sovietica. Fino ad un certo livello, le bugie si riesce a dimenticarle; oltre un certo livello, divengono esplosive e fanno saltare in aria tutta la baracca. Perchè quando un regime per vent’anni o meno spara bugie e crea illusioni, per poi far precipitare la nazione nel baratro della più nera realtà, le cose cambiano. Se questo avviene, non soltanto le bugie non sono più perdonate, ma ne nasce una damnatio memoriae appassionata e fanatica, con connotazioni religiose, che nel nostro caso si chiama antifascismo.

E questa idea ha gettato un fascio di luce sulla realtà. Spesso mi ero chiesto come mai gli italiani, pressoché totalmente digiuni di storia, si appassionino tanto al fascismo, nato e morto rispettivamente circa cento e ottant’anni fa. Ed ora ho trovato la risposta: non gli hanno ancora perdonato il cumulo di bugie che il regime – come avviene in ogni regime – gli rovesciò addosso, seguito dal disastro della Seconda Guerra Mondiale. E allora – proseguono le mie riflessioni – non è impossibile che se, per esempio a fine anno, ci troveremo in braghe di tela, e la quantità di bugie fino ad ora usate apparirà nella sua enormità, ci sarà una reazione analoga.
Posto che Mussolini non era un anonimo professore di Diritto Costituzionale ma un fior di politico e un grandissimo giornalista, già famoso prima di fare la marcia su Roma, Conte col suo governo sta creando i presupposti non per essere placidamente giudicato dai posteri come uno degli svariati presidenti del consiglio che ha cercato di governare questo paese, ma come un tiranno che dapprima viene esaltato oltre ogni (piccolo) merito per poi, quando suonerà la campana, venire maledetto al di là di ogni (enorme) demerito.
Che è poi quello che accade sempre quando si esercita un potere che non viene sottoposto a verifiche elettorali.

FRANCO MARINO

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