Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

L’EDITORIALE – RAGAZZE IN MINIGONNA A SCUOLA – CHE FARE? (di Davide Cavaliere)


In un liceo di Roma la vicepreside ha invitato le studentesse a non venire a scuola con le minigonne, spiegando che “ai professori cade l’occhio“.

Il fatto merita un un approfondimento, tralasciando il discorso secondo cui, giustamente, la scuola è un luogo di studio e non un postribolo dove mettere in mostra la propria mercanzia fatta di culi, tette, cosce e piedini smaltati.

Le studentesse, almeno in via teorica, sono libere di abbigliarsi come meglio credono, ma non possono nascondersi dietro slogan insulsi come “non è colpa mia se vi cade l’occhio” né possono pretendere che un uomo, un professore, non le guardi.

Care studentesse, se mettete in mostra il vostro corpo curato, tonico, depilato, fresco e giovane, non potete lamentarvi se vi osservano né potete stigmatizzare l’insegnante come “vecchio bavoso”. È semplice e mero istinto sessuale essere attratti da un corpo femminile e indossare certi abiti per farlo risaltare è un preciso messaggio che si vuole lanciare, sintetizzabile nella frase: “guardate come sono figa”.

I professori hanno tutto il diritto di guardare le vostre curve, i seni che puntano dalle camicette, le chiappe che emergono da short aderenti, i tanga che sorridono dai jeans e i collant che avvolgono gambe tornite e femminili.

I docenti non sono automi fatti di plastica e verifiche da correggere a casa. Non devono avere relazioni e sedurre le studentesse, per una serie di ragioni sia professionali che psicologiche, ma non possiamo vietare loro di posare gli occhi su corpi attraenti e vistosamente scoperti. Se le studentesse non vogliono essere guardate, devono fare una cosa semplice: vestirsi in modo sobrio, non intendo da suore castigate, ma in modo consono a un istituto scolastico. Niente pantaloncini aderenti, niente minigonne o seni al vento.

La chiassosa “protesta” delle ragazze ha un qualcosa collocabile a metà strada fra il penoso e il ridicolo. Sono liceali che giocano alle donne “emancipate”, ma temono lo sguardo di un professore o di un passante. Desiderano essere ammirate, ma solo dai loro coetanei; si agghindano in modo provocante, ma pretendono di non far rizzare cazzi. Esprimono così tanti “ma”, che sembrano allieve di Veltroni.

Si tratta, solo ed esclusivamente, dell’ennesimo attacco ai maschi eterosessuali, che devono vergognarsi della loro natura: avere il pene, i testicoli e ora pure gli occhi. Devono demonizzare il sanissimo istinto sessuale che spinge, giovani e vecchi, a guardare un seno o un culo sodi

Professori d’Italia! O vi fanno guardare o smettete d’insegnare.

                         Davide Cavaliere 

2 commenti su “L’EDITORIALE – RAGAZZE IN MINIGONNA A SCUOLA – CHE FARE? (di Davide Cavaliere)

  1. Già certe ragazzine che frequentano la scuola media vanno in aula vestite in modo indecente. Io mi chiedo: ma le madri e i padri non le vedono quando escono da casa?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *