Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

IL PAESE IMBRUTTITO E INVOLGARITO DOVE FUROREGGIA JERUSALEMA (di Franco Marino)

Qualche tempo fa, ha fatto discutere un video dove alcuni militari ballavano al ritmo di Jerusalema, il nuovo tormentone estivo di questo tormentato 2020, cosa che ha scandalizzato parecchi, dando ad intendere che questo fosse un segnale del degrado dei costumi. Ho bellamente ignorato la cosa perchè non ho dell’esercito l’idea stereotipata di molti. Sono molto più pragmatico. Se i soldati sono ben armati e addestrati, possono pure ballare il cha-cha-cha della segretaria e vestire con piume di struzzo. Le pallottole fanno male anche se a spararle è Malgioglio. In realtà, il vero problema è cosa abbia portato un cesso di canzone, banale, priva di originalità, a spopolare in questo paese, prima ancora che furoreggiare presso qualche caserma.
Così ho pensato ad un discorso che mi fece un condomino, albanese, ballerino professionista, proveniente da una terra come l’Albania che ha sfornato artisti con la pala. Perchè di Ermal Meta si può dire ciò che si vuole, meno che non sia bravo. Kledi è un popolarissimo ballerino e, in generale, dall’Albania vengono una valanga di bravissimi artisti.
Il discorso che mi fece Ylli (questo è il suo nome) è semplicissimo e illuminante nella sua ovvietà. L’educazione musicale non serve soltanto a divenire famosi – pochi ce la fanno – ma a sviluppare una sensibilità artistica che consenta di distinguere ciò che è musicalmente notevole da ciò che non lo è. E serve dunque ad impedire che in un paese dilaghi la musica spazzatura, per la quale Ylli mi fece alcuni esempi più che illuminanti.
Questo discorso può essere valido anche in altri ambiti. L’educazione artistica, di qualsiasi tipo, sviluppa la capacità dei sensi di percepire ciò che provoca piacere fisico e di distinguerlo da ciò che è brutto. Chi ha una vista educata al bello ed è magari appassionato di architettura, non può non provare un moto di repulsione alla vista delle meravigliose ville del miglio d’oro che costeggiano la provincia orientale di Napoli, pur tuttavia oggi in rovina. Ora il punto è: la mia passione puramente dilettantistica per l’architettura ha fatto di me un architetto? No. Ma mi ha educato alla bellezza. Così io oggi so che se qualcuno costruisce palazzi di merda, dovrò fare tutto quanto potrò per impedirlo.

Ma non vale solo per l’architettura, vale anche per esempio per altre forme d’arte. Tra cui anche quelle enogastronomiche. La capacità di distinguere un vino buono da un vino che non lo è, dipende dall’educazione al buon vino. Chi, viceversa non è stato educato, attraverso un talento naturale, una passione, a distinguerli, mettendosi in bocca un bicchiere di vino, non sarebbe in grado di distinguere un Taurasi da un Tavernello. Ma chi viene, invece, educato, sviluppa una totale intolleranza nei confronti del Tavernello, trattandolo per quel che è: un vino buono a patto che lo si usi solo per cucinare.

Con la musica il discorso è il medesimo. Il paese che fu di Giuseppe Verdi, di Vivaldi, di Puccini ma, anche senza scomodare la solita musica classica, che fu di Lucio Battisti, del Banco di Mutuo Soccorso, di Gino Paoli, di Sergio Endrigo, di Lucio Dalla, che oggi si ritrova ad ascoltare una chiavica di canzone come Jerusalema, a pendere dalle labbra di pseudorapper di quart’ordine, di vocette di indefinito sapore, è semplicemente un paese la cui educazione musicale è stata ridotta ai minimi termini.

Ma c’è un punto fondamentale che non viene recepito e si ricollega al discorso che facevo prima sui miei istinti rivoluzionari. Il vero punto è che è la bellezza stessa ad essere rivoluzionaria. Questo spiega perchè il brutto dilaga ovunque, incoraggiato dal tiranno del momento, incarnato o da un regime politico o da un coniuge freddo e noioso, entrambi perfettamente consapevoli di come soltanto in nome della bellezza – di un ideale o di un amore – un individuo decide di lottare per rivoluzionare un paese o anche più semplicemente la propria vita e non accontentarsi così della propria dose quotidiana di sopravvivenza e false certezze, rimanendo impigliato nella bruttezza. Chi è educato all’arte, non si limita a fare un estimo di ciò che sia la bellezza ma prova un autentico piacere fisico. Che è quello che scatena gli istinti rivoluzionari.

Io vivo a Napoli Est. Tralasciando la Napoli tradizionalmente conosciuta da tutti, quella di Posillipo, del Centro Storico, del Vomero con la sua Floridiana, con i suoi palazzi, Capodimonte ma anche quella di Agnano, c’è una Napoli che pochi conoscono ed è quella che si avvia da San Giovanni a Teduccio e prosegue oltre, attraversando San Giorgio a Cremano, Portici, Ercolano. Ogni volta che accarezzo quelle zone, la mia mente sfocia inevitabilmente nelle riflessioni politiche, in velleità rivoluzionarie. E non capivo mai come e perché. Non è semplice ricostruire i sentieri del pensiero perché non si sa mai, quando la mente si incammina, su quale treno sale, quali percorsi compie per unire la partenza con l’arrivo.
Poi ecco presentarsi ai miei occhi decine di ville vanvitelliane, in stile classico, figlie della bellezza tutta italiana e della gloria del tempo che fu. Ma mi accolgono in decadenza, malate, cadenti a pezzi. Penso in quei momenti che vorrei essere un ricco imprenditore che quelle ville le rimette a posto, facendole tornare all’antico splendore: e all’improvviso il sentimento si estende alle belle piazze della mia città, imbruttite dalla volgarità della cultura della contemporaneità, del tutto e subito di oggi, che mortifica ogni passato e soffoca nella culla ogni futuro.

In questi momenti capisco perché oggi veniamo invasi da una bruttezza così sistematica: perché il turbamento non è solo mio ma di tutti. Non è neanche vero che il senso della bellezza alcuni lo posseggano e altri no: gli è che in molti dorme travolto dallo squallore che ci avvolge.
Sì, sono complottista: la bruttezza è un complotto, un’orribile congiura per addormentare lo spirito rivoluzionario di chiunque un bel giorno si trovasse dinnanzi alla bellezza.
Qualche anno fa, prima ancora che Saviano scrisse Gomorra quindi non influenzato dalla narrativa su Genny Savastano e Ciro l’Immortale, mi trovai per lavoro a Scampia. E compresi benissimo perché quei posti muoiono nell’indifferenza dei residenti, molti dei quali pure sono bravissime persone. Lì, tra le vele e il rione Berlingieri, semplicemente, c’è tanta bruttezza. E il problema della bruttezza è proprio questo: ti aliena, ti estrania dal mondo, ti fa credere che quella sia la vita. E non vale solo per il paesaggio circostante che sfocia inevitabilmente in reazioni politiche: vale anche nella vita privata.
Tanti di noi preferiscono il quieto vivere di una compagnia scelta perché in quel momento era il meno peggio, per paura di rimanere soli. Anche lì la bruttezza, di una situazione senza amore, ci conduce alla alienazione. La bellezza invece obbliga moralmente alla rivoluzione. Nella politica e nella vita. Ecco perché siamo invasi da tanta bruttezza: gli untori lo sanno che se la gente comincia a scoprire il bello come senso profondo della vita, non obbedisce più.

Il nostro popolo si salverà quando rivedrà nelle sue tante manifestazioni la bellezza: muove le coscienze molto di più una visita in una villa vanvitelliana che mille comizi di tanti farlocchi rivoluzionari di oggi, i quali, non a caso, vengono lasciati liberi di riempire il mondo con le loro chiacchiere. Mentre la bellezza delle arti viene, ovunque, soffocata.
Semplicemente perché se ne conosce la portata davvero rivoluzionaria.
Jerusalema, Despacito, Caruso assassinata dalla voce di Jovanotti servono a mortificare la bellezza e dunque l’istinto rivoluzionario in essa insito.
Perchè chi è davvero educato al bello non tollererà mai il brutto e cercherà sempre di eliminarlo.
Imporre il brutto è anch’essa una forma di tirannia.

FRANCO MARINO

4 commenti su “IL PAESE IMBRUTTITO E INVOLGARITO DOVE FUROREGGIA JERUSALEMA (di Franco Marino)

  1. Che dire ……
    mi sono ritrovata totalmente in tutto quello che hai scritto …..
    Sono sempre alla “ricerca” del bello …..quel bello che basta “guardare” per vederlo . Kisses Dani

  2. Non posso che dichiararmi d’accordo. È la spiegazione de “la società imbruttita” in cui ci ritroviamo a vivere

  3. Ottimo articolo, ottime considerazioni. Leggendolo mi sono sentito orgoglioso di me stesso perché è quello che io penso ma scritto in modo magistrale e da una fonte più autorevole.
    Grazie Franco Marino.

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