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IL BLUFF DE LUCA E LA FINE DELLA NARRAZIONE DEL “SINDACHISMO” (di Franco Marino)

Ho in coda un po’ di messaggi di persone che, sapendomi campano, mi chiedono un parere su De Luca e le ragioni sono ovvie: il riferimento è alle sue comparsate televisive non ultima quella da Fazio.
Ma descrivere De Luca è impossibile senza prima mettere a fuoco quella che è un’anomalia italiana ricorrente di una costituzione che è un’insalata di poteri e contropoteri ma che curiosamente attribuisce un enorme strapotere ai sindaci dal cui universo amministrativo, non a caso, sono nate le principali avanguardie politiche degli ultimi anni, non ultima quella di Renzi. De Luca, infatti, non è nient’altro che l’ennesimo esemplare di politico sfornato dal “sindachismo”, ossia quella narrazione – puntualmente smentita dalla realtà – che un sindaco molto popolare a livello locale lo sia per effettivi meriti in termini di gestione della cosa pubblica e sia al tempo stesso molto capace e competente anche in ottica nazionale. E per stroncare questa narrazione, bisogna risalire alla creazione della nostra costituzione.

Essendo i costituenti chiamati a dover creare la costituzione di un paese appena fuoriuscito dal regime fascista, gli italiani giunsero ad una conclusione opposta a quella tedesca. I tedeschi diedero la colpa al monte, gli italiani la diedero alla valle. Così, mentre i tedeschi accusarono l’ingovernabilità di Weimar di aver provocato la voglia di uomo forte che si concretizzò con Hitler, gli italiani diedero la colpa all’uomo forte. Che peraltro arrivò lì in circostanze del tutto analoghe a quelle tedesche, ossia venendo regolarmente eletto e in una situazione di caos.
Poichè nel fascismo i sindaci, di nomina governativa – i cosiddetti podestà – erano praticamente delle marionette nelle mani del potere centrale, che poteva sostituirli in qualsiasi momento, la Costituzione antifascista ha previsto per il sindaco una strana condizione, ossia un potere praticamente assoluto di spesa pubblica, eccezione fatta per i temi *davvero strategici della sua città*, “sovracittadini”, sui quali il sindaco ha poteri nulli.
Concepito in questo modo, oggi il sindaco non può fare ovviamente nulla per diminuire la disoccupazione nella sua città e molto poco la qualità della vita, per le quali occorrerebbero politiche nazionali. Ha, invece, una totale assenza di limiti di spesa nell’indire una lunga serie di opere che si rivelano, nei fatti, vere e proprie mangiatoie e stipendifici per gli amici e gli amici degli amici. Sul momento danno l’idea di migliorare la vita dei cittadini. A lungo termine arriva il conto. Tutto a carico dei cittadini. E dello stato. Quindi due volte a carico dei cittadini.
Il risultato è che chi capisce il meccanismo, riesce a costruire robustissimi sistemi clientelari che si rivelano propedeutici al momento in cui il nostro eroe, intuendo lo svelamento del bluff, decide di misurare la propria popolarità a livello nazionale, mascherando il nulla assoluto dei temi strategici con una lunga serie di iniziative mirate a costruire il culto della personalità del sindaco di turno ma che non migliorano di un centesimo le prospettive del cittadino medio sui grandi temi strategici. Su cui peraltro il sindaco non ha colpe.

Nel caso di De Luca, sicuramente Salerno – che prima di lui era una sorta di quartierone malfamato, stracolmo di cemento, di rifiuti tossici e di droga, con qualche perla storica a cercare di riscattare una città orrenda – con lui ha conosciuto l’età dell’oro. Sotto di lui è nato il parco Mercatello, la cittadella giudiziaria, la metropolitana (che in realtà metropolitana non è ma solo una linea ferroviaria suburbana), il Sea Park, e via discorrendo marciapiedi allargati, fiorerie, fontane. I salernitani continuavano ad andarsene da Salerno ma chi ci rimaneva e chi aveva i soldi aveva effettivamente la sensazione di vivere in una città che ad un certo momento sembrava quasi candidarsi a sfidare Napoli, con cui i rapporti sono sempre stati di malsopportazione (i napoletani rimproverano ai salernitani di essere cafoni, “pisciaiuoli”, mentre i salernitani praticamente hanno dei napoletani la stessa opinione che ne hanno bergamaschi e veronesi).

Col tempo arriva la fase due della medicina di De Luca. Il nostro sindaco, intuendo il materializzarsi del bluff e soprattutto dei costi, tenta di fare il salto a livello nazionale, mette una capa di legno a gestire la città, salvo poi sabotarlo a distanza – per dimostrare ai cittadini che comunque il vero re è lui – e se le cose vanno male, c’è sempre il paracadute della città dove si è i sovrani assoluti. Ed è una strada win/win perchè al cittadino medio viene sempre spiegato – ci avete mai fatto caso? – che esiste un debito pubblico nazionale, ma praticamente non gli viene mai ricordato che anche i comuni contraggono debiti, che pagano i cittadini. Attraverso l’IMU per esempio, tanto per capirci. E soprattutto, non viene mai spiegato il meccanismo della figura del sindaco perchè se la città è tenuta bene sarà sempre merito del sindaco, se tenuta male non sarà mai davvero colpa del sindaco.
Voglio dire, quando mi vengono a dire “Sì ok, De Luca fa le luminarie, mette la metropolitana ma Salerno è una città con un altissimo tasso di disoccupazione” non mi si dice niente di utile. Perchè l’altissimo tasso di disoccupazione di Salerno non ha niente a che fare con De Luca come non lo avrebbe con nessun sindaco: si tratta di temi di portata nazionale. Ma De Luca può creare tutte quelle iniziative che rendono Salerno una città movimentata, anche se poi alla fine si rivelano una mangiatoia dove c’è spazio naturalmente per gli amici degli amici.

In questo senso, il successo di De Luca è perfettamente analogo a quello degli altri sindaci, da Rutelli a Renzi, passando per Bassolino, Emiliano, Veltroni e altri: un gigantesco, monumentale quantitativo di iniziative magari anche scenografiche, che sicuramente movimentano la vita della città a cui fanno seguito intere voragini nei conti pubblici per poi lasciare al fessacchiotto di turno, imbevuto di “honestà che tornerà di moda” il compito di ripianare i guai fatti da chi lo ha preceduto. Nel frattempo, l’ex-sindaco sceriffo di turno fa il salto di qualità illudendosi di poter ancora continuare a fare il sindaco e diventa un uomo apparato e quello è l’inizio della fine della sua carriera. De Luca è, dunque, a fine carriera: e quando a Salerno dovranno fare i conti con i buchi di bilancio lasciati dai suoi vent’anni di amministrazione, inizieranno a stramaledirlo anzitutto coloro che ne furono sostenitori.

Un film già visto.

Essendo napoletano, ho vissuto l’esperienza di Bassolino. Un signore che ha governato moltissimi anni Napoli, realizzando un sacco di cose che sarebbero state utili se nel frattempo la città non avesse altissimi tassi di disoccupazione, la camorra che vessa la cittadinanza, interi quartieri consacrati allo spaccio di droga. Tutta roba su cui Bassolino non ha la minima colpa. Però Bassolino ha allungato le metropolitane, ha dato vita a tantissime iniziative culturali, tutte cose utili in una città sana ma che in una città malata non servono assolutamente a nulla. Tanto che la sua più celebre imitazione, quella del comico napoletano Lino D’Angiò, vede l’allora sindaco di Napoli, ribattezzato Bassolindo, intento a lavare i marciapiedi di Piazza del Plebiscito, vero e proprio spot del bassolinismo, cioè di una napoletanità radical chic, il tutto mentre nelle periferie la camorra creava il più grande impero europeo della droga. Di cui Bassolino ovviamente non ha colpe. Se le polizie, che dipendono dal Ministero dell’Interno, non sono in grado di stroncare il malaffare, non si capisce che colpe abbia un sindaco.

Poi il sindaco di turno, dopo aver creato un mostruoso sistema clientelare, decide di fare il salto di qualità e in quel momento emergono le magagne, quando cioè il suo successore – di solito una sua testa di legno (a Salerno fu De Biase, a Firenze fu Nardella) – si rivela inadeguato perchè il principale non vuole lasciargli le sue clientele. Frattanto l’ex-sindaco diventa uomo d’apparato e quando arriva il momento della resa dei conti, la classe dirigente che prende il posto deve fare i conti con i mostruosi debiti ereditati da quella precedente, ci si rende conto che le aziende che si occupano di rifiuti e trasporti non hanno i soldi per pagare i propri dipendenti e, non avendo il supporto dell’apparato centrale, i sindaci che sono chiamati ad affrontare le magagne delle precedenti amministrazioni si ritrovano cornuti e mazziati. E con la derisione degli ignoranti sostenitori della vecchia gestione. E’ stato il caso della Raggi a Roma. Che è palesemente inadeguata ma che si è dovuta trovare ad affrontare guai che comunque, quale che sia il giudizio sulla persona, non sono stati creati da lei ma dai vari Rutelli e Veltroni.
De Luca non è diverso dagli ex-sindaci precedenti. E’ un signore la cui fortuna dipende dalla fortissima anomalia che caratterizza la figura del sindaco che è quella di avere una libertà assoluta, del tutto speculare al potere praticamente nullo del potestà fascista, di fare quello che vuole, tranne di poter agire sui mali endemici del posto: al quale il sindaco risponde con un iperattivismo dal tratto populista, caratterizzato da una formidabile spesa pubblica a cui fanno seguito successive voragini nei conti pubblici.

Anche la gestione del caso covid_19 da parte di De Luca si inserisce nel novero di questa anomalia: De Luca non ha fatto altro che fare quello che hanno fatto praticamente tutte le regioni. Chiudere tutto e chissenefrega se decine di migliaia di negozi sono falliti.
Che in Campania non sia scoppiata un’emergenza analoga a quella della Lombardia, è qualcosa su cui De Luca non ha neanche un 10% di merito. Tutto è dovuto al fatto che mentre Milano è la capitale finanziaria del paese, ipercollegata, con un ampio traffico di merci e persone che arrivano da ogni parte del mondo, Napoli è una città economicamente morta, i cui unici gangli vitali derivano dall’assistenzialismo di stato.
Tutto il resto, i lanciafiamme minacciati ai neolaureati (e non a Ciruzzo ‘o Milionario), le prese in giro agli avversari politici, è tutto show che serve ad accreditarlo come uomo forte ad uso di coloro che, pur dicendosi antifascisti, ancora mostrano di ammirare i pagliacci che alternando toni violenti a gag da cabaret, danno ad intendere che un politico invece di essere un serio e rigoroso amministratore, debba essere una sorta di showman.
Niente che sorprenda chi conosce come funziona il meccanismo che ruota attorno alla figura di un sindaco.
Niente che sorprenda chi conosce DAVVERO De Luca.

FRANCO MARINO

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