Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

L’EDITORIALE – INSTAGRAM HA ROVINATO GENERAZIONI DI DONNE (di Matteo Fais)

Guardatela. Vi sta passando davanti in spiaggia, sul marciapiede. È una bella ragazza, spesso più carina che propriamente bella. Molte volte è anche leggermente sovrappeso, con un po’ di culone e seni con evidenti segni della forza nota come “gravità”. Poco male, sia chiaro: una certa imperfezione è eccitante – quasi direi che fa sentire a proprio agio. La cellulite non è granché da vedere, ma fa sangue. 

Qual è il problema, allora? Il problema è che tutte quante, o quasi, sono vittima di una patologia, forse persino più grave dell’herpes vaginale o della candida. Si vede chiaro e tondo che costoro hanno un profilo Instagram. Lo si capisce dal fatto che non stanno camminando, ma sfilando come dive cinematografiche a Cannes mentre si concedono ai flash dei fotografi. E lo fanno proprio tutte: magre, grasse, normali, giovani e più in là negli anni. Questa malattia coinvolge tutto l’Occidente, sul versante femminile. 

Essendo queste ragazze e signore dotate di almeno due profili social si può star certi che avranno postato qualche foto in grande spolvero prima di una serata particolare, o una in perizoma al mare. L’effetto sarà devastante. Fino a poco più di un decennio fa, le tipe pronte per uscire in pubblico potevano massimo incassare l’apprezzamento del padre o del marito, se non erano proprio delle modelle, e magari sentire su di sé, tra il fastidioso e il compiaciuto, lo sguardo di sfuggita di qualche passante. Oggi, invece, persino le due sessantenni – un poco volgari, ma oggettivamente messe bene per la loro l’età -, che sono appena entrate in acqua davanti a me, ne sono certo, quando pubblicheranno la loro foto in tanga su Facebook e Instagram, riceveranno minimo quei cinquanta commenti del tipo “Ciao, tesoro, ma sei bellissima”, “Caspita, sembri appena una trentacinquenne” e via scadendo nel patetico. Qual è il risultato? Persino le signore a lubrificazione alternata si sentiranno dei pezzi di figa con il mondo ai loro piedi. 

Pensate quella con il fondoschiena ben piantato da portaerei giapponese – non è body shaming, ma una bonaria constatazione. Le basta mettere le natiche su Instagram e risveglierà l’acquolina in bocca di cento morti di figa sparsi in tutta Italia che la faranno sentire la più bella del reame, una mancata principessa delle fiabe. Persino una ragazza che, alle superiori, quasi nessuno si sarebbe calcolato, o con cui avrebbe voluto farsi vedere in giro, passa da una ferita narcisistica devastante come un’operazione a cuore aperto a sentirsi pure lei una gran bonazza, come quella che a scuola sognavano tutti.

Da un certo punto di vista, si potrebbe pensare “buon per lei”. La verità è che questo è l’inizio della rovina! Almeno per i maschi medi, quelli né brutti né belli, né ricchi né poveri. Una che riceve dell’interessamento da tutta Italia e non più da due stronzi qualsiasi al paesello è ormai al settimo cielo, pronta a decollare come un razzo lunare. Si sente che per lei tutto è possibile e può alzare la posta al di là di qualsiasi ragionevolezza. Niente di strano, è sempre così: quando il mercato è libero – anche quello sessuale – il prezzo della merce può conoscere fluttuazioni spropositate, anche perché esportabile e non più da consumare in loco nel minor tempo possibile, prima che diventi marcescente.

Comprendo bene che un simile linguaggio economico possa sembrare offensivo e persino intollerabile ai più. La verità, però, come dimostra bene Marx, è che l’economia è la base di tutto – amaramente, anche del “commercio” tra i sessi. Naturalmente, il sentimento complica tutto, ma quella è un’altra faccenda. 

Ecco spiegato perché oramai qualsiasi donna o quasi si atteggia come neppure Vasco Rossi dopo quarant’anni di carriera. Considerate, tra le altre cose, che la femmina è un essere molto più facile al soddisfacimento derivante dal mero compiacimento. Mentre un uomo sa bene di non farsene un cazzo di cento commenti positivi che non portano a nulla, la donna ha più bisogno di sentirsi dire che è bella del vedere “presso di sé” gli effetti “materiali” che tale bellezza suscita. 

Insomma, siamo nella merda, grazie ai social. La situazione ricorda molto quella di certi piatti ultrapopolari un tempo destinati ai morti di fame. Da quando i ricchi hanno scoperto che sono più saporiti di molte pietanze elaboratissime, il prezzo dei primi è schizzato alle stelle. Il risultato è che i poveri non possono più permettersi la loro unica miserabile ricchezza. 

Il mio consiglio, per chiudere in bellezza – si fa per dire -, è di fermare il nostro compulsivo ditino prima che sia troppo tardi, smettendola di dispensare like come pioggia durante un acquazzone estivo. Le donne fanno presto a montarsi la testa e voi a finire a segarvi dietro un cespuglio. Tanto, pure se scrivete ottocento commenti del menga al giorno, che non stanno né in cielo né in terra, il 99,9 % delle tizie non vi si inculerà, anzi lo farà ancora meno. Ricordatevi: chi è causa del suo mal pianga sé stesso.

Matteo Fais

Un commento su “L’EDITORIALE – INSTAGRAM HA ROVINATO GENERAZIONI DI DONNE (di Matteo Fais)

  1. Come sempre sai come centrare il problema Fais. E aggiungerei che al piatto ultrapopolare che vince su quello raffinato e stellato, metafora del “fare sangue”, si profila, anzi lo ha già fatto, un’altro successo per noi donne di una certa età, per non dire vecchie. Il fatto che oggi le donne sono tutte bellissime, giovani o quasi e tutte quante, messe, o meglio, tenute e molto bene. Fotografate ancor meglio. Che sui social si appare ancora meglio si come si è veramente, succede che ai maschi di ogni età, abituati a vedere tanta grazia ben esposta ed eccitante, capita di andare alla ricerca di qualcosa di più strano da provare. E allora ecco che si lanciano sul “amo la tua vecchiezza, le tue mani mature, il tuo culo molle. Le tue rughe, le pieghe della tua pelle mi fanno impazzire. Mi eccitano le donne così. Vecchie.”…
    Perché a forza di vederla la perfezione, la bellezza e la giovinezza, non eccitano più di tanto. Quindi ecco che la zuppa di ceci può essere quasi più gradevole al palato del buongustaio, del più raffinato soufflé di aragosta…

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