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QUESTA ME LA DOVETE SPIEGARE: CHE VUOL DIRE “GELATERIA LGBTQ FRIENDLY”? – FOLLIA POLITICAMENTE CORRETTA (di Matteo Fais)

Ho tirato una bestemmia. Mi arriva sto screenshot, da parte di un’amica, del sito di una gelateria. Mi sottolinea, nella sezione Informazioni, “Lgbtq Friendly”. La chiamo subito. Mi spiega che stava cercando un posto che vendesse vaschette di gelato e ha trovato questa informazione, su internet. Non ha potuto fare a meno di pensare a me. “Cristo Santo!”, ho esclamato io…

Francamente, per quanto mi riguarda, che uno la pigli in culo, che si faccia pisciare in bocca, o che gli piaccia la figa come il panettone a Natale, sai quanto me ne fotte. Non ho mai sfottuto un gay. Solo una volta, scherzando, dissi a uno che per me “Ogni lasciata è persa”. Lui si indignò. Mi pare che mi accusò pure di essere un mezzo maniaco, o un maniaco e mezzo. Beh, non mi potei trattenere dal fargli notare che non era proprio nella posizione di farmi la morale. Ovviamente, apriti cielo. Io ero un omofobo. Eh vabbè, lui mi dà del maniaco, col tono da beghina di paese, e io me la devo pure tenere. Da pazzi! Li abbiamo proprio abituati male.

Lo screenshot in questione

A ogni modo, vedendo lo screenshot, non ho potuto fare a meno di chiedermi il senso di quella info in bella mostra sulla pagina del locale. Che diamine vuol dire, per una gelateria, essere “Lgbtq Friendly”? Che fai, se servi gelati tutto il giorno, chiedi a ogni persona che viene a domandarti il gusto “Puffo”, se vorrebbe farsi mettere un puffo su per il…, se preferisce i preliminari o lo ficca subito dentro alla ragazza, o se gli piace farsi frustare? Capite a che livello di idiozia stiamo arrivando? Eppure, per il momento mi pare che ci sia stato un unico gelataio che si sia rifiutato di servire qualcuno. Lo fece con Salvini. Che idiota. Non c’è neppure da licenziarlo uno così, ma da assumerlo a vita, per potergli ricordare ogni giorno quanto sia pirla.

Quella scritta, comunque, è indicativa, proprio come la segnalazione in rosso, su Google, per i giornali che vengono considerati omotransfobici. Dimostra che si sta creando una struttura mafiosa volta all’intimidazione, da parte di una certa comunità. Non solo si deve, come le norme di civiltà giustamente impongono, evitare qualunque gesto violento nei loro confronti, ma bisogna dichiararsi manifestamente uno dei loro, proprio come nella cosca esiste un tatuaggio o un simbolo identificativo. Così sapranno da chi andare e da chi no. Follia! Anzi, peggio, discriminazione. Non si può costringere uno, sul lavoro, a esprimere le sue idee politiche e societarie. Ecco cosa succede a rompere gli argini della distinzione tra pubblico e privato. Ecco spiegato tutto questo incitare al coming-out – una delle praticamente più barbare e indiscrete che ci siano. Dichiarandoci tutti, nessuno sarà più al sicuro, né si troverà nella condizione di preservare le sue convinzioni. Per tal motivo, potrà peraltro essere soggetto a ritorsioni o quant’altro. 

La situazione sta decisamente sfuggendo di mano. Ma senza uno sforzo collettivo non sfuggiremo a questa tirannia. Io direi che è arrivato il momento di dire basta e tornare al nostro pudore, costi quel che costi.

Matteo Fais

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