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PURTROPPO, SIA LA SINISTRA CHE LA DESTRA, IN ITALIA, SONO BERLINGUERIANE (di Davide Cavaliere)

Matteo Salvini ha dichiarato che la Lega è l’erede dei valori di Enrico Berlinguer e del Partito Comunista Italiano. Non poteva essere diversamente, dopotutto, la Lega è da anni impegnata nella lotta allo spauracchio «neoliberista». In Italia, destra e sinistra sono accomunate dalla lotta al neoliberismo, ovvero al «capitalismo selvaggio». Alberto Bagnai vede nel Partito Democratico un’espressione del «neoliberismo apolide», Emanuele Felice del PD vede nella Lega una forma di «neoliberismo sovranista». 

La politica italiana concorda su due punti: sfiducia nel mercato e presenza dello Stato. Curiosa solfa, visto che, l’Italia è al trentasettesimo posto su quarantacinque Stati europei per libertà economica. Molto basso è anche il livello di concorrenza e liberalizzazioni, in compenso abbiamo una delle tassazioni più elevate d’Europa, il venti per cento in più rispetto alla media. Secondo “Il Sole 24 ORE”, il carico fiscale complessivo dei profitti commerciali è pari al 59,1 per cento. Secondo un report della Banca Mondiale, per livello di tassazione e procedure burocratiche connesse al fisco, la Penisola si colloca al 128esimo posto su 190 Paesi presi in considerazione. Inoltre, bisogna fare i conti con una giustizia civile elefantiaca, un’infinità di norme farraginose e una cappa di enti pubblici, parapubblici, statali, parastatali, partecipate, municipalizzate, enti e associazioni che campano di sussidi pubblici e che formano una cupola che pesa e frena lo sviluppo economico. 

Persino le tanto celebrate socialdemocrazie scandinave hanno un tasso di libertà dei mercati maggiore di quello italiano. Lì, la tassazione sui profitti si aggira intorno al 25 per cento e le procedure per avviare un’impresa sono tra le più snelle del pianeta. Nonostante tutto, nel Bel Paese permane una sfiducia verso il libero mercato e la concorrenza economica. Basti pensare al referendum del 2011 sulla privatizzazione del servizio idrico, il cui fallimento ha permesso alle municipalizzate dell’acqua di continuare a fare affari d’oro alle spalle dei cittadini. Alitalia e Trenitalia incarnano anch’esse il fallimento dello Stato

Che ne dicano i vari Bagnai e Felice, in Italia di neoliberismo se ne vede ben poco e la cultura liberale è sempre stata minoritaria, fin dall’Assemblea Costituente. Per gli italiani lo Stato dev’essere una grande mamma che, come in un sogno nordcoreano, garantisca l’individuo dalla culla alla bara. Al netto dell’euro e dell’Unione Europea a traino germanico, le ricette assistenzialiste che fanno dell’Italia un feudo statalista sono l’espressione di una secolare tabe tutta italica

L’economia italiana è rigida e sclerotica, in preda a oligopoli costosi e asfissianti che, in fin dei conti, sottraggono risorse anche alle politiche sociali. Tutti i partiti vogliono più Stato per combattere le disuguaglianze, ma ce ne vorrebbe meno. Si preferisce operare come se non esistessero già una sanità pubblica e un sistema di tassazione fortemente progressivo. La nostra nazione avrebbe bisogno di un ricettario ben diverso da quelli proposti dalla sinistra e della destra berlingueriana: sburocratizzazione delle imprese, detassazione radicale, liberalizzazioni e privatizzazioni di aziende inutili come la RAI. 

Snellire lo Stato affinché possa occuparsi in modo più efficiente dei settori strategici. La destra dovrebbe ispirarsi a Ronald Reagan: «Lo Stato non è la soluzione del nostro problema, lo Stato è il problema». 

Davide Cavaliere

                                                                                                               

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