Il Detonatore

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LA MIA ESPERIENZA CON L’ORRENDA UMANITA’ DELLA SINISTRA ITALIANA (di Franco Marino)

Diversi anni fa, uno dei (pochi) intellettuali di sinistra apprezzabili e leggibili, Luca Ricolfi, pubblicò un saggio intitolato “Perché siamo antipatici” ove cercò di spiegare per filo e per segno il perché di una sinistra che di anno in anno si faceva sempre più insopportabile e sempre più odiata da chi, per un motivo o per l’altro, si sentiva di votare dalla parte opposta. Con tutto il rispetto per un intellettuale di valore come Ricolfi, quel saggio non mi aprì un mondo perché esso già si era aperto quando, da ragazzo, frequentai un gruppo di tifosi dedicato alla mia squadra del cuore ove, per qualche ragione a me ignota, erano tutti di sinistra.
La mio profonda e proverbiale avversione per la sinistra, già latente negli anni del liceo – di cui ho pessimi ricordi – quando impattai con l’universo scolastico, totalmente appaltato al PDS (e solo da pochi anni vi era stata la svolta della Bolognina) esplose proprio durante la mia frequentazione di questo gruppo. All’epoca avevo poco più di vent’anni e certo non la medesima esperienza che ho oggi sulle *dinamiche relazionali*.
Così quel periodo fu altamente formativo per me, perchè mi diede modo di forgiare ancor più il mio carattere, sino ad operare una profonda trasformazione sia nel modo di rapportarmi agli altri, sia nel rafforzare il mio spirito dialettico.
A quei tempi, la sinistra era in un picco di biliosità ancora più alto di quello di oggi, in quanto, non essendoci ancora il Movimento 5 Stelle, essa riuniva in sè il peggio del radicalismo chic salottiero e del pregrillismo giustizialista che solo poi sarebbe fuoriuscito dalla sinistra istituzionale per farsi partito.
Dialogare con un uomo di sinistra era assolutamente impossibile perché, sia che avesse le fattezze dell’intellettuale ieratico stile Scalfari, sia che si manifestasse come un intollerante controboicottaro in stile Vendola o Grillo, la sensazione era quella di avere a che fare con una persona profondamente convinta di detenere il Verbo e, in quanto tale, totalmente incapace di concepire un universo ideologico che non combaciasse acriticamente col proprio.
E attenzione: per essere attenzionati dal “tipo sinistro” (per citare Pansa) non era necessario essere di destra: era sufficiente dire “io non sono berlusconiano ma…” oppure “io sono di sinistra ma…” e aggiungere un seguito a quel ma. Quando poi a tutto ciò si univa la cultura del branco (che c’è a destra come a sinistra e fa schifo a prescindere) ecco che tutto ciò si traduceva in un’autentica bomba radioattiva che colpiva il malcapitato: iniziava con una sistematica esclusione da ogni dibattito (cioè tu commentavi ma nessuno ti cagava di pezza) sino a lazzi, strepiti, urla, offese, ingressi nella vita privata e quanto di peggio potesse capitare ad una persona.

La mia reazione, sul momento, fu quella di fingere di omologarmi: preso dall’ingenuità tipica dei vent’anni, pensavo che il problema non fosse quello di essere capitato in un branco di pezzi di merda totalmente incapaci di concepire alcuna forma di eterogeneità culturale ma che sì, insomma, vi fossero stati dei fraintendimenti, che alla fin fine io forse avessi sbagliato qualcosa. Né avevo all’epoca la maturità necessaria per capire che se in un gruppo non si è graditi, bisogna levare le tende e basta e prendere atto di appartenere a giardini ideologici completamente diversi.
Riuscii dunque a farmi accettare nel gruppo. Ma poiché lo spirito è quello che è e non si cambia, dopo pochi mesi, dopo un raduno nel quale sembrava che si fossero poste le basi di un’amicizia, le liti ricominciarono ancor più feroci proprio perché la mia inquietudine intellettuale, tratto saliente della mia personalità, mi fece capire che lo spazio nel quale potevo muovermi, era ristrettissimo. E sempre dettato dal capobranco del gruppo, un signore, oggi vicino alla sessantina, strapieno di sè, portato ad esempio come una sorta di Scalfari, di intellettuale, di gran viveur, insomma era lui il capo e lui faceva e disfaceva, dettava la linea e faceva capire chi era gradito e chi no. A quel punto non mi rimase che radicalizzare la mia estraneità culturale a quel gruppo. Fu allora che appresi alcune lezioni importantissime che mi sarebbero tornate utili negli anni a venire: che io non ero affatto una minoranza ma al contrario rappresentavo una maggioranza cospicua, silenziosissima. E me ne accorgevo quando ricevevo continue email private nelle quali un sacco di gente mi esortava a non abbandonare, a difendere le mie ragioni, oppure andavo in altri forum o spazi dove mi dicevano “Ma che tu sei lo stesso che scrive in quella mailing list? Piacere di averti qui. Quel gruppo mi fa schifo, eri l’unico che valesse la pena leggere”.
Mi rendevo conto, cioè, che ad essere ciò che ero, non ero così male e che c’era molta più gente disposta ad apprezzarmi per la particolarità delle mie posizioni piuttosto che per la mia omologazione ad un gruppo che al di là di tutto mi stava stretto.

Ma questa è un’altra storia.
Quello che poi sperimentai e scoprii negli anni a seguire fu quanto fosse ributtante quell’umanità nella quale tutto sommavo sognavo di entrare, suggestionato dal clima di perenne festa, di convivialità, di fratellanza che sembrava essere il leit motiv di quel gruppo. Il capobranco in pubblico era osannato ma in privato molti ne parlavano malissimo. Venni poi a sapere che quello stesso “capobranco”, in realtà, era un signor nessuno: un commerciante in via di fallimento (e poi effettivamente fallito) che aveva la capacità (da buon commerciante) di sapersi vendere molto bene ma di non capire in realtà nulla. Né di politica (tema curiosamente molto più discusso rispetto alla mia squadra del cuore) né di calcio.
In ogni discussione assistevo a doppie morali, sciocchezze che venivano enfatizzate se facevi parte della parte sbagliata e cose orribili che venivano ridimensionate se facevi parte della parte giusta (e del resto quello era l’esempio che veniva dal partito). Leccate di culo ad alcuni personaggi che erano di destra ma che avevano buon gioco a fare le foglie di fico, i cosiddetti finiani, quelli che a quei tempi giocavano a fare i destrosinistri, cioè ad avvilupparsi in una corda nella quale le proprie posizioni di destra erano ammesse, a patto che avessero il permesso del capobranco di sinistra.

Questa è l’umanità della sinistra che ho conosciuto e con cui ho avuto a che fare. Ed era un problema proprio della sinistra perché l’uomo di destra (e non è detto che sia un pregio) tende a fare molto meno branco di quelli di sinistra. Metti due intellettuali di destra a parlare e dopo dieci minuti li vedi litigare. La destra per anni è stata nelle catacombe e quindi conosce bene la discriminazione, tende dunque ad essere molto più simpatica e meno supponente.
La sinistra si è sentita, per settant’anni, la parte migliore del paese. Sia nei luoghi pubblici e VIP, sia in quelli privati.

Ora, il punto che a sinistra non hanno mai capito è che un’umanità del genere non vende un prodotto ma un’operazione di marketing: quando tu ti dipingi come “la parte migliore del paese”, la gente se non altro per cercare di avere la benedizione del capo (nei gruppi privati, il capobranco vanesio, in quelli pubblici il grande intellettuale o il leader politico) sulle prime cerca pure di omologarsi. Ma una strategia del genere si rivela totalmente controproducente quando poi “la parte migliore del paese” non solo dimostra di non essere capace a governare ma si rivela addirittura più corrotta e ladra della tanto disprezzata destra.
Così quello che è accaduto (e che nessuno, tranne Ricolfi, ha mai davvero realizzato) è che tutto l’odio che oggi la sinistra catalizza e coagula attorno a sè non è che il risultato di settant’anni di superiorità morale sbattuta in faccia a chiunque non si inginocchiasse dinnanzi al papa rosso di turno, che fosse Berlinguer oppure Scalfari.
C’è stato chi, a sinistra, ha provato ad operare un cambiamento. Il primo Renzi cercò la pacificazione morale con la destra. E chi mi legge sicuramente ricorderà che anche io fui un sostenitore, sia pure rimanendo a destra, della parabola renziana. Ma non è riuscito – e questo lo ha pagato nel referendum del 2016 – ad eliminare dal cuore di milioni e milioni di elettori anticomunisti, l’immagine di partito nume tutelare del perbenismo laico liberal italiano, mai venuto meno neanche quando lo stesso partito, con una virata a 180 gradi, è passato dall’antiamericanismo militante e dal marxismo socioeconomico, all’americanismo obamiano, innaffiato di teorie iperliberiste.

Quello che è accaduto è molto semplice: il serpentone metamorfico PCI-PDS-DS-PD ha affrontato la partita a poker con la realtà e ad un certo punto la gente ha visto che i dirigenti del PD e tutto l’universo culturale attorno ad esso roteante, nelle mani aveva solo scartine.
La sinistra oggi è il nulla assoluto: è un partito la cui unica ideologia consiste nelle coppie gay, nel terzomondialismo immigrazionista, nel dare del fascista a chiunque, in alcuni casi sgangheratamente, cerchi di difendere l’italianità.Il tutto condito da quel tono culturoso e sussiegoso da professore liceale frustrato che possiamo riscontrare in qualsiasi talk-show veda protagonista un piddino o un conduttore televisivo in quota PD.
Il re è nudo, gli italiani hanno “visto” e si sono resi conto di essere stati umiliati, offesi e derisi da gente che non solo non ha risolto i problemi ma li ha addirittura aggravati, mostrandosi molto più delinquenti di berlusconiani e leghisti che, sia pure non esenti da colpe, almeno tendono ad essere più amichevoli e a non andare risolutamente contro il senso comune. Ma dopo decenni in cui è stato seminato l’odio contro chiunque non aderisse ai diktat di Scalfari, di Berlinguer o di D’Alema, veniva offeso, insultato, calunniato, sia che l’anticristo assumesse il volto di Craxi, di Berlusconi o di Salvini, sia nei confronti di qualsiasi povero cristo che avesse qualche testicolo un po’ più grosso di quelli di altri e non volesse bersi il propinato, questi sono i frutti che si raccolgono.
Se a questo poi si aggiunge che il PD, ogni volta che è andato al potere, ha clamorosamente e miseramente fallito, non si capisce davvero in base a quale achievement questi signori continuino a presentarsi come i tutori del Bene.
Questa è l’orrenda e ributtante umanità della sinistra che ho conosciuto.

FRANCO MARINO

3 commenti su “LA MIA ESPERIENZA CON L’ORRENDA UMANITA’ DELLA SINISTRA ITALIANA (di Franco Marino)

  1. La sinistra rappresenta da 70 anni la parte peggiore del paese, avendo una ideologia che è un filtro,ricettacolo degli ideali più schifosi e abietti che l’umanità conosca.
    Franco Marino come sempre, riesce ad analizzare e descrivere il pensiero filosofico di questo marciume.

  2. La sinistra si gloria di aver legiferato sulle unioni in-civili. Adesso ritornano alla carica con il.ddl ZanScalfarottoBoldrino. Sono specialisti del sesso disordinato . Mi piacerebbe.che ne parlasse.

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