Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

I DUE PESI E LE DUE MISURE SUL PISELLO DI MONTANELLI

In Italia il primo partito in Parlamento è un movimento che ha fondato le sue fortune sull’alleanza con i clan più scalmanati della magistratura. Questo non è strano. La toga e lo scranno hanno sempre esercitato un voluttuoso fascino nell’italiano, tanto vizioso nel privato quanto moralista col prossimo.
La cosa non stupisce. Quando vogliamo sentirci migliori di qualcuno, crediamo sufficiente metterlo sul banco degli imputati perchè ciò produca per osmosi un ingresso nel mondo dei puri. Si dimentica che per poter giudicare occorre essere credibili, applicare un unico standard a tutti i casi.

Il caso di Montanelli è, nella sua peraltro incontestabile riprovevolezza, molto semplice. Il fondatore de Il Giornale ha sempre raccontato, peraltro con molta naturalezza, di aver comprato una concubina etiope di 12 anni (ma altre volte disse 14) stipulando un contratto di madamato.
In memoria di questa storia, è in rete una petizione per rimuovere la statua a lui dedicata a Milano.


Sarò chiaro. Da padre di una bambina piccola, se volete una giustificazione sull’andare a letto con una dodicenne e parlarne come ne parla lui, vi conviene cambiare articolo.
Ma l’indignazione tardiva, sull’onda di una furia che si sta abbattendo su film, artisti e intellettuali, è emblematica della doppia morale della sinistra italiana. Quando all’indomani del suo noto scazzo con Berlusconi, alcuni giornalisti di area berlusconiana rispolverarono la storia del vecchio Indro con la dodicenne etiope, la sinistra si scagliò contro di essi nella convinzione – peraltro ineccepibile in linea di principio – che nella querelle tra lui non si dovessero mettere in mezzo gli affari personali. Era il tempo in cui Montanelli, probabilmente inconsapevole di essere strumentalizzato da quella stessa sinistra che quando le BR lo gambizzarono minimizzò quasi a voler giustificare, serviva come trojan per la demonizzazione ultraventennale del Cavaliere e quindi spiegare come Montanelli tutto fosse tranne che il santo venerabile del giornalismo italiano equivaleva a farsi recapitare una fatwa. Nulla di nuovo. Se un domani qualcuno di noi de Il Detonatore si mettesse a parlar male di Salvini, correrebbe per il premio Pulitzer.
Oggi che Berlusconi si è messo ad amoreggiare col nemico, si può anche proporre l’abbattimento delle statue dedicate a Montanelli in nome del nuovo totalitarismo rappresentato dall’antirazzismo, in realtà suprematismo nero antibianchista. Ma rimane un abbattimento stupido perchè quella statua non si fonda sulle qualità come uomo bensì come giornalista e quelle, checchè ne dica Gad Lerner che non vale neanche un centesimo di Montanelli, rimangono indiscutibili.

Ma c’è un altro aspetto di questa vicenda che è ridicolo: il contratto di madamato con cui Montanelli comprò la giovane etiope era perfettamente legale e contemplato dal codice civile etiope che peraltro, essendo espressione di un impero millenario, è parte integrante della cultura di quel posto: ubi societas, ibi ius.
Dalla vicenda di Destà ricaviamo così due cose: il militantismo antirazzista, in realtà suprematista nero, nel condannare giustamente Montanelli che tuttavia legalmente la compra, trova perfettamente legittimo che una dodicenne venga infibulata e venduta per legge ad uno straniero come schiava sessuale.
Da questo punto di vista, è Montanelli lo stronzo della situazione o è quella etiope ad essere una civiltà di merda?
Se fa schifo Montanelli allora è perfettamente lecito essere razzisti verso una civiltà di merda come quella etiope. Altrimenti il tribunale di sinistra dimostra per l’ennesima volta la sua propensione al doppio standard.
Perchè o la legge è uguale per tutti o non è legge.
Montanelli è stato un maestro di giornalismo e una ciofeca di uomo e non solo per la ragazzina etiope ma per tantissime altre cose. Senza che le due cose siano in contraddizione. Difatti, la statua è per il giornalista, non per l’uomo. Chiederne la rimozione è assurdo, ridicolo.

Franco Marino

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